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L'intervista
La mia prima sensazione è che Come
the Storm sia un disco più elettrico e meglio curato nella produzione dei precedenti:
quanto ha influenzato su questo risultato la nuova band e il produttore? Avete dedicato più tempo alla produzione dunque. Dove avete registrato il disco? Abbiamo lavorato in uno studio residenziale del Massachusetts chiamato Long View Farm. È una bellissima vecchia fattoria con un sacco di microfoni d'epoca, amplificatori e altri strumenti di registrazione. Gli Stones hanno lavorato da quelle parti e così Aerosmith e Stevie Wonder. Mi piace lavorare in questi studi perché tutti si trovano nello stesso posto insieme, liberi dalle distrazioni del mondo esterno. Penso che le performance migliorino e siano più intense e l'unione tra i musicisti aumenta perché mangiano, dormono e vivono insieme durante tutto il processo di registrazione C'è qualche canzone a tuo avviso che è emersa sulle altre, per il modo in cui è stata vissuta durante le registrazioni? Le mie canzoni preferite sul disco sono quelle che abbiamo registrato per la maggior parte dal vivo, di solito a notte tarda in uno studio buio, dopo molte bottiglie di vino. Staying In, Saffron and Ginger, Compass, Time To Go, Ocean of Fire sono tutte nate così. Tutte le canzoni al piano sono nate in una sola seduta. Questo è stato difficile da fare perché le probabilità erano che qualcuno potesse sbagliare o che si potesse rifare il pezzo con qualche overdub per la loro parte. Ho cercato di evitare questo il più possibile. Mi piace che tutto sia sincero e emozionale, troppa sovraincisione può togliere vita aduna canzone. Non ho mai badato agli errori, sono onesti Quali sono le differenze maggiori che hai riscontrato con gli altri musicisti con cui hai collaborato in passato? La differenza principale è che i musicisti su questo disco sono americani e negli ultimi dodici anni ho lavorato prevalentemente con musicisti inglesi. Per la mia esperienza, ho trovato questi ultimi meno preparati storicamente ma più innovativi. I musicisti su Come The Storm hanno talento e mi sento fortunata ad averli con me. Ma mi manca l'approccio poco convenzionale dei miei amici in Inghilterra. Penso che sia stata una buona scelta per me fare un disco senza il loro aiuto, ma ci sono stati dei momenti in cui ho desiderato fossero al mio fianco per un consiglio. Probabilmente vorrò tornare in Inghilterra per il prossimo disco In generale quali differenze hai notato tra le due scene musicali, quella inglese e quella americana? La mia impressione è che in Inghilterra ci sia sempre una attenzione maggiore agli aspetti più superficiali, èer così dore all'estetica del rock, tu cosa ne pensi? La stampa inglese ha una reputazione per costruire a tavolino miti per il solo gusto di buttarli giù. C'è una ricerca per il sensazionalismo, questo è vero. Ma accanto a questi elementi di superficialità c'è anche una apertura mentale per tutti i tipi di arte e di espressione. Hanno conferito il Mercury Prize ad Antony & the Johnsons, per esempio, questa cosa non sarebbe mai accaduta negli States. Noi abbiamo paura di quello che non capiamo, siamo sospettosi di tutto quello che non può essere facilmente catalogato, confondiamo il sucecsso artistico con quello economico Cosa ti ha portato a cercare fortuna in Inghilterra? Raccontami un po' la tua avventura musicale in Europa… Avevo una amica inglese, Jeny, che avevo incontrato a scuola quando avevo 14 anni. Mi faceva ridere, e lo fa ancora oggi, più di chiunque altro avessi mai incontrato. Ho visitato con lei l'Inghilterra a 18 anni e mi sono innamorata del paese e della sua gente. Ho cominciato ad ascoltare soprattutto artisti inglesi, Kate Bush, Nick Drake, The Smiths, The Kinks, trovavo quella musica eccitante ed originale. Ho avuto l'opportunità di andare in tour da quelle parti con la mia band nel 1991, così sono finita con l'avere contatti con un'agenzia inglese e con etichette del luogo. E poi ovviamente mi sono innamorata. Volevo restare in Inghilterra per un solo anno, ma ci sono rimasta 12, così è la vita. Volevo un'avventura, volevo essere infleunzata dal mondo fuori dagli Stati Uniti, dalla mia città, dalla mia famiglia. Amo di più il mio paese quanto più me ne allontano per un buon periodo. Mi piace lo scontro di culture che si può sentire nelle mie canzoni Cosa ti ha spinto invece a ritornare in America? Dopo l'undici settembre, sentivo la necessità di tornare a casa, a Boston, vicino alla mia famiglia. Ero stata lontana da quando avevo 19 anni. È stato più difficile di quanto pensassi, è stata dura vivere di nuovo in America, mi ha sorpreso questo fatto. E poi i miei genitori adesso hanno una ottantina d'anni, non so quanto tempo ci rimane ma lo voglio, qualunque sia. Il ritorno a casa ha influenzato le canzoni di Come The Storm, non solo la mia storia personale ma anche la situazione del mio paese e i suoi rapporti con il resto del mondo. Sentendo questa ispirazione, ho avuto l'esigenza di andare a fondo con la maggior parte delle nuove canzoni e questo significa anche che l'ascoltatore deve spenderci più tempo per assorbirle, prima di comprenderle. Questo forse significa anche che non tutti apprezzeranno questo disco perché colpiti al primo ascolto, ma non importa Mi sembra che ci siano molto riferimenti autobiografici e personali… Tutto il mio lavoro è autobiografico ma, soprattutto, non è solo la mia piccola esistenza che mi influenza. Il mondo è cambiato negli ultimi cinque anni, abbiamo eletto una scimmia per rappresentarci (due volte!), il quale, con l'appoggio di un governo spaventoso, si è imbarcato in una campagna per gettare i nostri giocattoli fuori dalla culla e spargerli per tutto il mondo. Ci stiamo tutti uccidendo l'uno con l'altro con l'intolleranza religiosa e culturale. Il dominio delle grandi corporazioni, la costruzione di immensi imperi, e la crociata per trasformare l'intero mondo in un unico grande supermercato stanno soffocando gli ultimi resti di originalità. Tutta la sofferenza causata da questi disastri naturali, maremoti, uragani e morti, come può tutto questo non influenzare un artista? "No-one sings about regret and precious time lost like Eileen Rose", così affermano le tue note biografiche, ma cosa veramente scuote la tua scrittura? Cosa ti ispira di più nel tuo songwriting? Penso che il migliore songwriting sia sempre l'espressione esterna di una battaglia che avviene all'interno. Qualsiasi cosa accada, siamo obbligati a passarci attraverso e cercare una spiegazione per poi accetare il fatto. È possibile che prenda tutto questo un po' troppo seriamente, mi aspetto di capire più di quanto sia possibile, o forse è solo più di quanto io sia in grado di comprendere, non ne sono sicura. Qualsiasi cosa sia, ha il potere di farmi incazzare. È stato detto che questo disco è meno "spensierato" dei miei due precedenti. Ci sono delle ragioni per questo, anche se non si tratta di una scelta preordinata. Di cosa parlano le mie canzoni? Ad essere sinceri sono un mistero anche per me quando appaiono la prima volta, mi ci vuole un po' di tempo per capirle. Sanno molto più di me quello che sta succedendo dentro di loro, me lo discono. La stampa inglese ha accolto molto bene i tuoi precedenti lavori. In America com'è la situazione? Riesci a trovare facilmente degli spazi per la tua musica, dal vivo e sulla stampa, magari a livello indipendente su intenert? Mi ha fatto piacere e sono rimasta sorpresa dall'accoglienza dei miei due precedenti dischi in Inghilterra. La reazione negli States è stata simile, ma meno diffusa. È un paese molto più grande ed è più difficile raggiungere il grande pubblico. In inghilterra una buona recensione su un giornale londinese raggiunge tutti, qui invece è tutto più a livello regionale. Detto questo, ho avuto un po' di esposizione. Time Magazine ha scritto un'ottima recensione e ho avuto una canzone, Shinging, all'interno di un film Disney, The Rookie. Questo mi ha permesso di pagare i conti per un po' ed è stato piacevole. Non ho girato molto in tour da queste parti negli ultimi due anni perché ero al lavoro sul disco, ma ho programmato un tour per il nuovo anno quando il disco sarà pubblicato anche qui in America, anche se prima mi concentrerò sull'Europa. Il tour partirà dall'Italia e poi andrò in Inghilterra e Germania. Never Be The Same, ma anche Last New Year's Eve, tra le più elettriche del disco, mi sono sembrate canzoni musicalmente più rilassate e melodiche rispetto al passato, un avvicinamento ad atmosfere pop rock. Hai mai sentito o subito pressioni sul tuo modo di fare musica dalle case discografiche o dai produttori? Grazie, ogni tanto mi concedo anch'io di scrivere una o due pop song, come una specie di dessert. A volte mi sento piegare dalle canzoni più pesanti, così queste sono una sorta di sollievo. Quando ho registrato il mio primo disco con una vecchia band c'era molta pressione, davo peso a tutte le opinioni intorno a me a quel tempo. Alla fine sono diventata furiosa e depressa, il contratto finì male e sciolsi la band per diventare un artista solista. Mi ha insegnato molto. Sono stata molto fortunata da allora, ne la la mia precedente etichetta, la Rough Trade, o quella attuale mi hanno fatto pressioni in nessuna direzione. Mi hanno lasciato lavorare per presentarlo finito. Sono interessata ai loro commenti, ovvio, perché sono persone intelligenti. Se non lo fossero non farei dischi con loro, ma penso sia chiaro che non sono il tipo di artista che abbisogna di una guida. Rispettano questa mia idea Nothing But Blue ha un intermezzo psichedelico molto "pinkfloydiano": quali sono state realmente le tue più importanti influenze musicali, i dischi e gli artisti che ti hanno spinto a diventare una musicista? Ho ascoltato molto i Pink Floyd negli ultimi due anni. Mi sono sempre piaciuti, fin da quando ero bambina, e ho rivisitato i loro dischi apprezzandoli nuovamente. Più maturo come musicista, più scopro nuove cose in quei vecchi dischi che ho sentito migliaia di volte. È fantastico, è come farsi una nuova collezione ogni anno. Sono stata felice di vederli ancora insieme per l'esibizione al Live 8. Penso che David Gilmour abbia una bella voce, mi piacerebbe cantare con lui un giorno. Sono stata influenzata da così tanti artisti, ma sono rimasta particolarmente colpita dalla dignità con cui Kath Bush, Neil Young, Tom Waits e Nick Cave vivono la loro vita. Non inseguono la ribalta, si fanno seguire, e per le giuste ragioni. Questo perché si concentrano sul loro lavoro, sulla loro famiglia e le loro esistenze. Li rende molto credibili ai miei occhi. Non sono interessata ad ascoltare canzoni sul fare parte di una band Saffron & Ginger ed anche la conclusiva Time to Go hanno un carattere molto intimo, fragile, credo siano tra i momenti migliori del disco: credi di sentirti più libera, a tuo agio, in questa veste acustica o quando indossi i panni della rocker? Sono anche le mie preferite, insieme a Compass. Adoro riuscire ad usare la mia voce in maniera delicata, tranquilla e dinamica. Ovviamente è più semplice fare ciò quando non sono in competizione con batteria e chitarre. Mi piace il suono della mia voce con solamente un piano, perché si tratta di uno strumento nuovo per me. Scrivo in maniera differente con il piano rispetto ad una chitarra. Sono stata ispirata a comporre Time To Go durante il mio ultimo tour in Italia. Negli ultimi due anni sono stata fortunata ad incontrare e condividere il palco con alcuni fanatstici musicisti italiani, Andrea Parodi, Paolo Pieretto, Antonio DiBello, Massimmilliano La Rocca, Stefano Barotti, validi, giovani cantautori che devono ancora essere scoperti. Le loro canzoni hanno una sincerità perché non sono stati ancora toccati dal business commerciale, e tutto si concentra nel cercare di scrivere quella famosa classica grande canzone. Vorrei scrivere una canzone in questo modo, bella, semplice e diretta. Ho scritto Tim e to Go con questo approccio in testa, dopo aver visitato la Sicilia e il paese d'origine dei miei nonni |
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