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Whiskeytown Strangers Almanac [Outpost/ Geffen 1997] ![]() | |||
1. Inn Town // 2. Excuse Me While I Break My Own Heart Tonight // 3. Yesterday's News // 4. 16 Days // 5. Everything I Do // 6. Houses On The Hill // 7. Turn Around // 8. Dancing With The Women At The Bar // 9. Waiting To Derail // 10. Avenues // 11. Losering // 12. Somebody Remembers The Rose // 13. Not Home Anymore | ||||
Apparso
nel momento di maggiore ascesa e legittimazione della scena alternative country,
Strangers Almanac ne simboleggia la catarsi e forse persino la
sintesi definitiva, certamente lo zenith di un incontro fecondo fra tradizione,
immaginario americano ai margini e rock'n'roll nato e cresciuto per la strada.
Ryan Adams è il giovane autore che qui riesce a imbrigliare tutto questo universo
in una sequenza di canzoni che parlano dall'heartland depresso di una nazione,
declinando però lo spirito un po' "operaio" del genere verso l'intimità del cantautorato
anni 70. Non gli sono secondari tuttavia i musicisti (da una ideale spalla come
Caitlin Cary, per spalleggiamenti vocali e tonalità country del violino, al misconosciuto
chitarrista Phil Wandscher) e il mirabile lavoro di produzione di Jim Scott (autentico
re mida del roots rock anni '90), il quale dona un perfetto equilibrio fra l'anima
punk degli esordi e la naturale propensione mainstream dei Whiskeytown.
Così si collocano, da qualche parte fra la fragilità umana del maestro Gram Parsons
e la rabbia giovane di Paul Westerberg (Replacements), episodi come Excuse
While I Break, Dancing with the Women at the Bar da una parte e Waiting
to Derail o Turn Around dall'altra, abbracciando infine le timbriche
stradaiole di 16 days e i rintocchi desolanti di Inn Town. Il retro copertina,
in tutto il suo anonimato, lo stesso che ritrae una interstate qualunque lanciata
nel grande nulla americano, avrebbe potuto rappresentare la cover ideale, pur
nella sua scontata iconografia. Strangers Almanac rimane ancora oggi uno dei vertici
del giovane rock provinciale. (Fabio Cerbone) |
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