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Neil Young & Crazy Horse Rust Never Sleeps [Reprise 1979] ![]() | |||
1. My My, Hey Hey (Out Of The Blue) // 2. Thrasher // 3. Ride My Llama // 4. Pocahontas // 5. Sail Away // 6. Powderfinger // 7. Welfare Mothers // 8. Sedan Delivery // 9. Hey Hey, My My | ||||
Il
grande momento artistico di Neil Young era finito nel 1975 con Zuma, ma
nel cassetto del canadese era rimasta una tale mole di materiale di scarto e album
lasciati a metà che la sua discografia non finirà mai di vivere di rendita. Rust
Never Sleeps uscì quando lui già aveva la testa immersa nei problemi di
famiglia, e di fatto non si prese neanche la briga di registrarlo, visto che per
l'occasione ripulì alcune registrazioni live. E sebbene fosse composto da avanzi
provenienti da almeno altri tre progetti abortiti, Rust Never Sleeps è probabilmente
l'unico album della sua discografia che lo rappresenta a 360 gradi, dove sono
presenti tutte le sue anime, espresse in cavalcate southern-rock pensate per gli
amici/nemici Lynyrd Skynyrd, inni rock che presteranno aforismi buoni per tutte
le presenti e future stagioni rock (da Johnny Rotten a Kurt Cobain), indimenticabili
ballate rurali, nuovi omaggi alle idealizzate civiltà perdute del Sud America
e persino qualche ammiccamento alla nuova veemenza punk. Alle spalle c'erano i
fidi Crazy Horse, che proprio nella tournee che seguì (immortalata nell'album
Live Rust, ideale compendio all'album) raggiungeranno lo status di backing-band
perfetta, veri e propri silenziosi ma insostituibili comprimari di una storia
che dura ancora nei giorni nostri. Dietro l'angolo c'erano gli anni 80 e un artista
che avrebbe avuto bisogno di una lunga pausa, e che invece si dannò insuccesso
dopo insuccesso alla ricerca di un nuovo Neil Young, quando con Rust Never Sleeps
aveva già trovato l'unico esistente. (Nicola Gervasini) |
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