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Neil Young After the Gold Rush [Reprise 1970] ![]() | |||
1. Tell Me Why // 2. After The Gold Rush // 3. Only Love Can Break Your Heart // 4. Southern Man// 5. Till The Morning Comes // 6. Oh Lonesome Me // 7. Don't Let It Bring You Down // 8. Birds // 9. When You Dance, I Can Really Love // 10. I Believe In You // 11. Cripple Creek Ferry | ||||
Cosa
scegliere? L'elettricità epilettica di Everybody Knows This is Nowhere o l'ingannevole
tranquillità agreste di Harvest? L'elegia notturna di Tonight's the Night o le
canzoni da spiaggia deturpata (dell'anima) di On the Beach? Naturalmente il consiglio
è di prendere tutto: ma se si decide di portarne a casa solo uno, tra i dischi
del periodo "classico" del canadese, allora che sia After the Goldrush.
Perché è il più equilibrato (almeno fino a Rust Never Sleeps, che però divide
le due anime del nostro - acustica ed elettrica - in due facciate distinte); perché
testimonia un periodo cruciale e irripetibile dell'ispirazione e della vita di
Neil Young (giusto a ridosso del tour di CSN&Y); perché arricchisce il
suono spigoloso dei Crazy Horse (vedi Southern Man) con i ricami di pianoforte
di un diciassettenne Nils Lofgren. Perché Young lo canta portando al massimo dell'espressività
la sua vocalità limitata e sofferta (da dove esce quel filo di voce strozzato
con cui ti si piantano in cuore le prime strofe di Don't Let It Bring You Down?).
Non ultimo, perché ci ricorda, con la naturalezza e l'abbandono di una confessione,
che l'amore può spezzarci il cuore. Solo Ian Curtis, qualche anno dopo, lo saprà
dire con altrettanta convinzione. (Yuri Susanna) |
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