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hour blues di
Fabio Cerbone (31/08/2012)
A
Dayna Kurtz è sempre piaciuto mettersi alla prova e girovagare nel canzoniere
americano della tradizione, anche confondendo le acque, giocando con gli stili,
fino a perdersi un poco nella sua stessa compiaciuta bravura. Ne fu testimonianza
American
Standard, ultimo disco di studio fra originali e cover che lamentava
proprio una direzione precisa e rendeva i continui cambi di umore quasi un freno
alla personalità della stessa Kurtz. Apparentemente un disco di standard blues
e jazz quale Secret Cabon vol.1 non sembra affatto risolvere il
dilemma, eppure a conti fatti porta a casa un bottino pieno, offrendo una visione
dell'interprete (strepitosa a tratti) e della sua capacità di assorbire ogni atmosfera
e sfumatura di questi brani, tra le pieghe eleganti e stentoree della sua voce.
Un disco di torch song, come si sarebbe detto un tempo, epopea dimenticata
pre-rock'n'roll, raffinate gemme dai toni drammatici e notturni, che pescano in
un songbook poco frequentato (qui sta tutta l'abilità dela Kurtz, insieme al collaboratore
Athan Maroulis, che cura le note di corpetina) anche da chi è avvezzo all'american
music più colta e antiquata.
Nella cesta finiscono frutti dolcissimi quali
IF Yesterday Could Only Be Tomorrow e Come
In Out of the Rain, già nel repertorio del primo Nat King Cole con
il suo combo di ispirazione jazz-blues, e ancora il dimenticato Floyd Dixon di
Do I Love You, la trascinante Don't
Fuck Around With Love, appartenuta al gruppo vovale dei Blenders, piccola
hit del '62. Insomma, un retaggio di fantasmi e anticaglie che tra sofisticato
portamento jazzy e abbellimenti pop sfiora di tanto in tanto l'accento blues che
Dayna Kurtz si porta in grembo, esaltando le sue doti di chanteuse che già affioravano
nei suoi lavori solisti. Qui siamo in presenza di una scaletta interamente dedicata
a tali ambientazioni e va da sé che risulterà ammaliante solo per chi apprezza
un tributo fuori tempo e volutamente retrò alla canzone americana più nobile.
Naturale scorgervi echi dell'epoca Brill Building e Tin Pan Alley che fu, centri
nevralgici di una New York che dai lustrini delle big band si lanciava verso l'avvento
degli anni Sessanta con giovani autori e nuove speranze.
Un po' di quella
magia torna in Not The Only Fool in Town,
unica traccia registrata fuori dal natio New Jersey, in uno studio di New Orleans
con la partecipazione di George Porter jr. bassista storico dei Meters e di David
Tokanowsky al piano. Rappresentano l'eccezione di lusso di un album altrimenti
essenziale anche nella sua concezione musicale, costruito attorno ad un piccolo
combo dove il piano e l'hammond del bravo Peter Vitalone assumono il ruolo
di maestri di cerimonia, mentree le chitarre della stessa Dayna Kurtz si trattengono
sullo sfondo accompagnate dal sezione ritmica di Dave Richards (contrabasso) e
Randy Crafton (batteria). Tutto rigorosamente live, con una maratona di un'unica
session nella quale sei dei dieci episodi hanno immediatamente preso forma. Niente
male per essere un disco nato soprattutto dall'affetto dei fan, che hanno sostenuto
economicamente l'operazione.