File Under:southern
rock, red dirt di
Fabio Cerbone (22/01/2013)
Adventus:
un approdo, un traguardo, un titolo che sintetizza la crescita in pubblico di
questa nuova creatura coalizzatasi intorno alla figura di Cody Canada,
ex leader dei Cross Canadian Ragweed che, all'indomani delle prove generali di
Indian
Land, rivede in chiave elettrica il progetto The Departed. Innanzi
tutto non campeggia più il suo nome nella sigla del gruppo, segno che il disco
ha un carattere corale, confermando il contributo oggi essenziale della seconda
voce di Seth james, songwriter in proprio che spalleggia Canada lungo quattordici
episodi di tignoso southern rock, ai confini tra feeling Americana e radici texane.
L'ago della bilancia si sposta dunque dalle numerose cover e omaggi dell'esordio
(quasi un tentativo di mettere in chiaro la provenienza e la formazione dei singoli
musicisti) verso un rock confederato arcigno, spesso dalle gradazioni hard, ma
che sappia inglobare anche ballate acustiche e richiami a quel movimento Red Dirt
di cui i CCR furono paladini indiscussi per successo di pubblico e vendite.
Adventus
è in tal senso l'album più vicino alla vecchia formazione di Cody Canada (periodo
Garage e dintorni, per intenderci), evocata nello sconquasso elettrico di Worth
the Fight e nelle gradazioni funk blues di Prayer
for the Lonely, contorniate da quelle ballate che sono spesso il marchio
di fabbrica e che qui prendono il nome di Blackhorse Mary e Cold
Hard Fact, quest'ultima con una coda elettrica che esplode in un dialogo
serrato fra organo (l'ottimo contributo di Steve Littleton) e chitarra. L'interessante
storia che si cela dietro la curiosa copertina fornisce qualche indicazione in
più: la foto di Carl Dunn fu scattata durante un concerto texano dei Led Zeppelin,
quando ai poliziotti del servizio d'ordine fu direttamente consigliato di tapparsi
le orecchie con un proiettile, per proteggersi dall'assordante volume. Rimedio
molto "casalingo" e sintesi più o meno fedele di Adventus, disco in tutto e per
tutto rock, che rilegge quelle vibrazioni settantesche secondo la sensibilità
più rustica e ingenua di Cody Canada e Seth James.
L'effetto in Flagpole
e Hard to Find, o nelle numerose divagazioni
funky di Demons e Set It Free ha qualcosa
da condividere con quella lontana stagione, anche se rispetto alla matrice british
blues di Plant, Page e soci, qui pare prevalere la seconda generazione americana,
quella di Bad Company e Aerosmith, un'onda mainstream che più di una volta rientra
in gioco e banalizza un po' le trame di Adventus. D'altronde la scaletta è lunga,
un'ora che comincia a stiracchiarsi pericolosamenre nel finale, fra inutili strumentali
(Mark It Wrong), rock'n'roll rimasticati (Better
Get Right) e qualche ballata ad effetto struggimento (Sweet
Lord). Avessero chiuso prima la partita, l'effetto sarebbe stato decisamente
meno convenzionale.