File Under:folk
heroine di
Fabio Cerbone (19/10/2012)
Se
esiste una prova dell'assoluta estraneità di Iris DeMent dal moderno music
business è la sua mancanza cronica di prolificità: in un mercato oggi più che
mai impazzito, che inflaziona con dosi da cavallo il listino delle pubblicazioni
mensili, la cantautrice originaria dell'Arkansas si mantiene schiva e asservita
soltanto ai suoi affetti più personali. Tra questi ultimi spicca soprattutto un'educazione
fra gospel e country music rurale che fece gridare al miracolo ad inizio carriera,
quando dischi come Infamous Angel e My Life anticipavano la febbre Americana e
indicavano la via a molte colleghe, Gillian Welch in prima fila. Dalla fine degli
anni Novanta la sua presenza si è via via diradata e una vita personale non poco
tribolata (un matrimonio fallito, il nuovo legame con il songwriter Greg Brown)
l'hanno forse spinta a dedicarsi più alla famiglia che alla sua dimensione artistica.
Probabile si sia trattato semplicemente di un blocco di ispirazione, sta
di fatto che un disco di materiale inedito e originale non arrivava dalla bellezza
di sedici anni, interrotto unicamente dall'omaggio alle radici gospel di Lifeline
nel 2004. Sing the Delta difficilmente rimetterà al centro della
ribalta il nome della DeMent, non tanto per le qualità effettive delle sue canzoni,
quanto per un atteggiamento che fa dell'intransigenza e dell'assoluta fedeltà
ai canoni della tradizione una barriera per chi non è avvezzo al linguaggio più
puro del country bianco. Prodotto in coppia da numi tutelari come Richard Bennett
e Bo Ramsey (guarda caso chitarrista storico di Greg Brown), l'album costruisce
dettagli poetici ed emozionanti sulla vista stessa della DeMent: la famiglia,
i ricordi, la formazione di una ragazzina cresciuta in un ambiente molto religioso
(di origine pentecostale) e trasferitasi giovanissima dall'agricolo Arkansas nella
grande metropoli californiana Los Angeles.
Dominate dal timbro del pianoforte
della stessa DeMent e dalla sua voce squillante, tremendamente immersa nel solco
delle varie Dolly Parton e Loretta Lynn, Go on Ahead
and Go Home e The Kingdom Has Already Come
sono gospel song sotto mentite spoglie, asciugate dell'enfasi e ravvivate con
tocchi essenziali di ritmica e chitarre (oltre a Ramsey c'è anche la steel della
leggenda Al Perkins). Il rigore stilistico di Sing the Delta è il suo punto di
forza e il suo confine invalicabile: gli accenti sono per la maggior parte intimi
e drammatici, le ballate raramente si impennano, calando di tanto briose marcette
quali The Night I Learned How Not to Pray,
There's a Whole Lotta Heaven e la commovente Mama
Was Always Tellin' Her Truth (potrebbe diventare una hit sicura nella
mani di qualche smaliziata star di Nashville), dove il contrasto fra il pathos
del racconto e la presunta leggerezza del suono country diventa la chiave su cui
fare leva ed esaltare la narrazione di Iris DeMent. Sono tuttavia eccezioni alla
regola, poiché il cuore di Sing the Delta è rappresentato da una sequenza di ballad
pianistiche (la stessa title track, Livin' on the Inside, Mornin'
Glory) dai toni dimessi, fulcro della poetica di questa appartata folksinger.