Iris DeMent - Lifeline Flariella/IRD 2004 1/2
 

Dov'era finita questa ragazza? Voglio dire, dov'era finita colei che senza timore di smentite potevamo definire come la migliore tra le interpreti della tradizione roots emerse negli anni '90 (le altre, per dovere di cronaca, sarebbero Gillian Welch e Lucinda Williams, che non è dei '90, lo so, ma insomma…)? Tre dischi - Infamous Angel (1992), My Life ('94) e The Way I Should ('96) - uno migliore dell'altro e poi il silenzio, sporadicamente interrotto da qualche comparsata al fianco di Nanci Griffith, John Prine o Delbert McClinton. Sorprendente quindi vedere Iris DeMent riemergere dall'oblìo a ben otto anni di stanza dall'ultimo dispaccio discografico compiuto, per di più con un disco interamente dedicato alla musica gospel, seppur rivisitata con uno spirito che non autorizza dubbio alcuno sulla padronanza dell'autrice (ingrassata di circa settanta chili) in materia di country, folk e hillbilly. L'apertura è folgorante. I've Got That Old Time Religion In My Heart (altrimenti nota come "Old Time Religion") rammenta la versione fiammante che ne diede a suo tempo Jerry Lee Lewis: stessa foga esecutiva, stesso canto indiavolato, stesso pianoforte violentato e stesso senso di minaccia incombente. Sono canzoni religiose, quelle di Lifeline, ma di una religione oscura e spaventosa, colma di sinistri presagi e rabbie represse; non una religione di gioia e trasporto, bensì di minaccia e spavento. La cosa è evidente soprattutto nei brani suonati, e talvolta prodotti, dalla scheletrica slide del redivivo Bo Ramsey, mentre si trova in forma più attenuata negli episodi in cui compare il veterano country Jim Rooney. Grazie alla supervisione del secondo, Fill My Way With Love o The Old Gospel Ship si snodano serene, festose e pacificate, tanto almeno quanto le tracce dove presenzia il primo - He Reached Down, Hide Thou Me e la terrificante God Walks The Dark Hills (comunque i brani migliori dell'intero lavoro) - risultano selvatiche e pregne di sconforto. Un dualismo molto interessante, che conferisce spessore e autenticità a un Lifeline quindi molto "terreno", diviso com'è tra redenzione e dannazione, tra grazia e terrore, ma anche un contrasto forte tra le diverse canzoni di uno stesso lavoro, purtroppo incapace di evitare l'insinuarsi di qualche sospetto di prolissità. Ma lo stato di salute artistica di Iris DeMent sembra ancora notevole, e tanto basti. Bentornata
(Gianfranco Callieri)

www.irisdement.com