Ry Cooder
Election Special
[
Nonesuch
2012]

www.nonesuch.com/artists/ry-cooder

File Under: political blues

di Fabio Cerbone (03/09/2012)

Il rischio c'è tutto, ma una carriera come la sua alle spalle e le credenziali sul campo a Ry Cooder non deve neppure essere passato per la mente: un breve, ficcante, duro manifesto contro il fallimento della democrazia americana nell'anno del signore 2012 è un ritratto in musica che si colloca subito nel suo tempo e sfida apertamente il concetto di "protest song" applicato all'oggi. Il contrapasso è quello di offrire una manciata di canzoni che, come sottolinea peraltro esplicitamente il titolo, Election Special, esauriranno il loro ruolo all'indomani della prossima tornata elettorale. Non sta esattamente così la questione. Con la passione di ricercatore che gli si addice, Ry Cooder concepisce le sue invettive come short stories, popolate di caratteri fittizi o reali, che egli stesso descrive come rubati alla tradizione dell'irish folk o della stessa country music: raccontare le storture del mondo attraverso gli occhi e le gesta di un personaggio, raramente usando le armi dell'inno, della canzone folk all'unisono.

Insomma, in Election Special non ci sono anthem pronti ad essere issati come vessilli da movimenti sociali quali 'Occupy Wall Street', semmai ironiche e veementi fotografie di una nazione che secondo Cooder ha stracciato e tradito la sua Costituzione, attraverso le menzogne di Guatanamo e della guerra, di un capitalismo senza freni e avido fino alla morte, di una politica fantoccio. Da questo punto di vista Election Special potrebbe allora durare ben oltre il suo tempo, nonostante non prenda esattamente ispirazione da Woody Guthrie o Cisco Houston. D'altronde non potrebbe essere altrimenti, aprendosi sulle note limacciose e trascinanti di Mutt Romney Blues, aria del Mississippi, percussioni tribali e un testo tutto dedicato allo sfortunato cagnolino della famiglia Romney, proprio il candidato repubblicano alle prossime presidenziali. La storia vera (un cane piazzato inavvertitamente sul tetto dell'auto, per un viaggio di centinaia di miglia) ha già divertito da tempo mezza America, Ry Cooder ne rileva l'aspetto grottesco per attaccare il cuore di quella che lui ritiene una figura pericolosa per la democrazia americana. E' soltanto l'incipit di un esplicito j'accuse che passerà dalle maglie corrotte della finanza (Brother Is Gone, The Wall Street Part of Town) a veri e propri buchi neri per la difesa dei diritti civili (Guantanamo), finendo naturalmente per invocare una strenua salvaguardia dell'anima della tanto celebrata (e spesso svuotata) Costituzione degli Stati Uniti (Take Your Hands Off It).

Ora il messaggio: particolare o universale? Tendiamo più alla seconda ipotesi, perché le istanze che l'uomo e il musicista Ry Cooder solleva riguardano un po' tutto l'insieme del mondo Occidentale e non dovremmo far finta che sia solamente un problema americano. Ma la convincente formula di Election Special non si ferma al dato contenutistico, perché diversamente saremmo nel campo di un semplice, seppure efficace pamphlet politico. Il fatto è che, sulla scia del già persuasivo e impegnato Pull Up some Dust and Sit Down, il nuovo album chiude un viaggio di ritorno alle radici, con il disco più conciso e solido di questo scorcio di carriera, dove fragranze country, paludoso delta blues e sferzate rock'n'roll vengono messe in fila con il solo aiuto del figlio Joaquin alle percussioni. Cooder maneggia ogni diavoleria a corda, reiventandosi un rock stradaiolo formato Rolling Stones (ce li vedete Jagger e Richards cantare una roba come The Wall Street Part of Town?) e poi scivolando in un torbido blues "presidenziale" (il riferimento all'impotenza politica di Obama è chiaro) con la potente Cold Cold Feeling. Chitarre che tornano a graffiare dunque, con una voce più ruvida e agguerrita che mai, felice di zompettare fra le rurali trame country blues di The 90 and the 9 o della irresistibile presa in giro di Going to Tampa (per i congressisti Repubblicani prossimi al loro raduno) e ancora tra la serpeggiante Kool-Aid, slide guitar assassina che pare ricordare i tempi in cui il buon Ry spalleggiava John Hiatt.

Un vero trionfo, che condividiate o meno le preoccupazioni (sacrosante, sia chiaro) di un temerario Ry Cooder. Scommetiamo che l'FBI ha già aperto un fascicolo su di lui?



    


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