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countryfolk,
bluegrass
punk di
Emilio Mera (17/09/2012)
I
fratelli Avett hanno raggiunto un certo successo lavorando duramente e umilmente
proprio come un falegname impara la propria arte di creare qualcosa di suo; tutti
e sei i loro album suonano sinceri e soprattutto personali. Una delle loro qualità
è sempre stata la capacità di produrre musica in un certo senso ipnotica, da molti
definita "Avett Sound". Per il San Francisco Chronicle il loro sound possiede
la profonda tristezza di Townes Van Zandt, la leggerezza pop di Buddy Holly e
l'energia punk dei Ramones. Con The Carpenter (loro settimo sigillo)
i gentili ragazzi della Carolina dimostrano di essere maturati sia dal punto di
vista musicale sia nel songwriting, confermando che il successo ottenuto se lo
siano meritato ampiamente. The Carpenter è un album introspettivo, onesto, personale,
che mantiene l'autenticità dell'Avett sound con ballate che vanno direttamente
al cuore. Concentrandosi su temi delicati come la mortalità, The Avett Brothers
descrivono i momenti tristi (la lotta della figlia di 2 anni del bassista Bob
Crowford per un tumore al cervello) e felici della vita, soffermandosi sugli alti
e bassi delle emozioni umane. "If I live the life I'm given I won't be scared
to die" cantano Seth e Scott nella bellissima The Once
And The Future Carpenter mentre in Paul Newman
Vs. The Demons salutano il leggendario attore per il modo in cui ha
vissuto (intensamente) la sua vita.
Se Rick Rubin, che produsse l'acclamato
I and
Love and You, contribuì non poco alla trasformazione del quasi combo
bluegrass in un moderno acoustic rock force, con The Carpenter il buon Rick fa
ancora meglio trovando quel giusto bilanciamento tra le loro salde radici folk
e bluegrass con la loro attitudine pop rock. Insieme ai due fratelli Seth e Scott
(oltre a Bob Crawford al basso) troviamo il violoncellista Joe Kwon (molto presente)
il batterista Jacob Edwards (entrambi già ammirati dal vivo) oltre che ospiti
illustri come Chad Smith (Red Hot Chili Peppers) alla batteria e Benmont Tench
(T.Petty and The Heartbreakers) alle tastiere. Un banjo solitario apre il primo
singolo, Live and Die, un up beat stomp con
un groove difficile da dimenticare. Winter in My Heart
(il protagonista rimane imprigionato in un inverno perenne, non riuscendo a rimarginare
le sue ferite amorose) è la ballata più triste dell'album, con un inizio costruito
sulle voci e chitarre e un susseguirsi di note di violoncello che sembrano riprodurre
la voce del gelido vento invernale.
I fratelli Avett mantengono la loro
tradizione di scrivere canzoni sulle "pretty girls" anche questa volta: Pretty
Girl From Michigan fa alzare (forse fin troppo) i volumi mentre I
Never Knew You, molto beatlesiana nella melodia, racconta di un amante
tradito che esce un venerdì sera e si mette a parlare con tutte le persone che
gli capitano intorno. Through My Prayers vale
da sola il prezzo del disco, una banjo ballad appena sussurata costruita sulle
voci e sugli archi che invoca un mondo con meno sofferenze. Down
With The Shine è una bluegrass song perfetta che arriva al cuore con
il banjo in bella evidenza e le trombe a dare quel "mexican touch" ad
una tipica canzone di confine. February 7, A Fathers
First Spring e Life sono tipiche
Avett ballads: melodiche, struggenti e piene di pathos. Se Geraldine
è forse eccessivamente rumorosa per gli standard dell'album (dura solo 90 secondi),
Paul Newman Vs. Demons dimostra come The Avett Brothers abbiano appreso
la lezione impartita dagli Husker Du con un brano percussivo, quasi grunge che
pur essendo fuori dai loro schemi "funziona". Come il lavoro di un umile carpentiere
i fratelli Avett ci fanno entrare nella loro nuova opera, che riflette la loro
maturazione come musicisti e storytellers.