The
Avett Brothers
I and Love and You
[American/
Sonyt 2009]
"Band dall'anima antica e dallo spirito giovane", scusate la citazione:
una definizione che calzava a pennello per gli Avett Brothers,
strampalata coppia di fratelli dal North Carolina che grazie ad un seguito
costante e un lavoro di retrovia lungo un decennio sono passati dalle
produzioni orgogliosamente indipendenti alle cure di Rick Rubin sotto
il marchio American. Non vorrei che avessero preso troppo sul serio quella
definizione, poiché I and Love and You sembra davvero barattare
la singolarità così naif e semplice del passato per qualche pretesa di
modernità non esattamente messa a fuoco. Si sentono più spavaldi
Scott e Seth Avett, forti di una maturazione ineceppibile e di un percorso
che li ha sempre contraddistinti per non restare imprigonati nel luogo
comune dell'old time band dall'aria festaiola. Su questo va dato atto
che la crescita compositiva - che già il precedente Emotionalism
richiamava a gran forza - ha proseguito sui binari di quella canzone hillbilly
e folk trasfigurata verso qualcosa di più personale e stravagante, ricco
di invenzioni e generosi slanci.
Questa volta però I and Love and You rimane in sospeso, indotto a sterzare
con decisione verso un pop colorato ed acustico dove il ruolo centrale
è svolto dal pianoforte (ospite anche Bemmonth Tench degli Heartbreakers),
mentre gli Avett Brothers svendono un po' le loro struggenti melodie in
favore di qualcosa che suona semplicemente più banale. Che vogliano essere
i nuovi Okkervil river (And It Spread)
, magari un poco più appetibili per il grande pubblico, una reincarnazione
di Elton John (Head Full of Doubt/Road Full of
Promise) passando stranamente per le Violent Femmes (Kick
Drum Heart), o ancora un ensemble folkloristico coniugato con
il gusto più contemporaneo, in tutti questi casi I and Love and You risulta
chiaramente irrisolto. E la mancanza maggiore, in tutta sincerità, non
pare proprio imputabile allo stesso Rick Rubin, il cui vero difetto forse
è proprio l'essere rimasto a guardare: non è insomma una sorta di tradimento
quello che potremmo imputare da irriducibili agli Avett Brothers, forse
soltanto il fatto di aver compiuto un passo nella direzione di una scommessa
sbagliata.
Perché le armonie vocali, i sapori agresti, i languori di un tempo covano
ancora in Ten Thousand Words, trovano
persino nuove declinazioni in Laundry Room e
nella title track (comunque commovente) ma esplodono poi in gioiose e
futili filastrocche pop (l'accoppiata in Tin
Man e Slight Figure of Speech),
senza tuttavia lasciare addosso quell'urgenza, quel tormento che in passato
li aveva contraddistinti, preferendo allora il candore, un po' inoffensivo
va detto, di January Wedding. Che
non vogliano restare chiusi in ghetto è scelta saggia e coragiosa, che
siano in grado di trovare una sintesi o un linguaggio rinnovato è ancora
tutto da dimostrare. (Fabio Cerbone)