Riconciliatasi non solo
con se stessa e i suoi demoni, ma con ogni probabilità anche con le sue
origini (nata a Birmingham, Alabama, da cui deriva il suo nome d’arte
di Waxahatchee, piccolo fiume locale), Katie Crutchfield abbraccia
definitivamente quella svolta “tradizionalista” che faceva già capolino
nell’apprezzato album del 2020, Saint
Cloud. Nel frattempo c’è stato anche il progetto a quattro mani con
l’amica Jess Williamson, il duo delle Plains
passato troppo in sordina, il cui I Walked with You a Ways sembra
avere gettato le basi per approdare alla brillantezza country rock e americana
del qui presente Tigers Blood.
Album concepito, secondo lo stesso racconto di Waxahatchee, in una sorta
di furore compositivo durante il tour post pandemico del 2022 , lì dove
il songwriting della Crutchfield si è arricchito di ulteriori sfumature,
e di una maggiore luce rispetto alla cronaca delle sue dipendenze che
dominava il citato Saint Cloud, Tigers Blood ha trovato
nelle chitarre e nella seconda voce di MJ Lenderman (Wednesday)
il partner artistico ideale per offrire una specie di rinnovata coppia
delle meraviglie ai tempi dell’Americana. Inoltre, l’intenzione di incidere
ancora una volta con l’apporto dei fratelli Brad (anche produttore) e
Phil Cook, presso gli studi Sonic Ranch di Tornillo, Texas ha indicato
la direzione per infoltire questi brani di una vivacità roots mai banale,
in perfetto equilibrio tra indipendenza (quella dalla quale proviene Waxahatchee,
con il suo passato più indie folk e i lavori per etichette come Merge
e Don Giovanni records) e mainstream country d’autore (quello a cui pare
tendere l’intero impianto di Tigers Blood, sottolineato anche a
livello iconografico dalla copertina da scorcio "blue collar").
Muovendosi attraverso una scrittura musicale sempre molto autobiografica,
con versi che riflettono brevi confessioni, illuminazioni di un momento,
potenti nella loro fragilità, Tigers Blood svela una confidenza
con i propri sentimenti che è anche lo specchio di una maturità artistica:
il crescendo dolcissimo dell’apripista 3 Tigers,
fino all’entrata della batteria di Spencer Tweedy e al candore country
gospel della melodia restituisce nitidamente questo percorso, aprendosi
ai sussulti elettrici e verniciati di alternative country di Evil Spawn
e di una spumeggiante Ice Cold.
Nel primo singolo Right Back to It,
canzone d’amore non convenzionale, come la descrive Waxahatchee, entra
in circolo anche un banjo (Phil Cook, nell’album polistrumentista fondamentale
nell’arrichire gli arrangiamenti) e un duetto con Mj Lenderman che accresce
la tenerezza quasi fanciullesca delle melodie e del canto della stessa
Katie Crutchfield, magia che si ripeterà in seguito anche in Crowbar
e 365. Dobro e amornica ci portano dritti laggiù in Alabama con
le ammissioni personali della protagonista in Burns Out at Midnight,
scivolando quindi nel frizzante roots rock (con tanto di pedal steel)
di Bored, uno degli episodi che più
simboleggiano la trasformazione musicale psrigionata dal cuore di Tigers
Blood.
A qualcuno apparirà legittimamente una normalizzazione dell’autrice, magari
rimpiangendo gli esordi più “tormentati” e a bassa fedeltà, ma l’acquisizione
di una maggiore sicurezza di sé e quell’intimo riappacificarsi che trasmettono
queste canzoni costituiscono una vittoria su tutta la linea.