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American Aquarium
Chicamacomico
[Losing Side Records/ Goodfellas 2022]

Sulla rete: americanaquarium.com

File Under: american heartland


di Fabio Cerbone (18/06/2022)

Ancora di salvezza in un mare impetuoso - le stesse onde ritratte in copertina - fatto di dolorose perdite, matrimoni finiti e ricordi sbiaditi dal tempo, il curioso titolo del nono album di studio degli American Aquarium rappresenta una metafora semplice ed efficace, che racconta dello stretto legame della band e del suo indiscusso timoniere, BJ Barham, con il territorio della North Carolina. Chicamacomico è infatti il nome di una stazione di salvataggio della guardia costiera al largo delle Hatteras Island, attiva dalla fine dell’800 fino alla metà del secolo successivo.

Le vite in balia della tempesta, complice la solitudine e lo scollamento vissuto in questi anni di pandemia, sono alla ricerca di un appiglio, di una ragione di esistenza. Con la sensibilità propria di un cantore del Midwest americano, voce profonda da storyteller, là da qualche parte fra Steve Earle e uno Springsteen in chiave southern country, Barham mette a nudo per l’ennesima volta la sua anima, affrontando temi “pesanti”, dalla scomparsa della madre in The First Year al ricordo di un amico morto suicida in Waking Up The Echoes, e costruendo un disco dalla cadenza intima e cantautorale, non distante dalle sue sortite in solitaria (Rockingham del 2016). Chicamacomico si trasforma così - eccezion fatta per il traballare honky tonk di Little Things, il country rock da autentico heartland americano di Built to Last e dell’innodico finale tra speranza e rinascita in All I Needed - nella raccolta più privata e introversa della produzione recente degli American Aquarium, una formazione cha ha fatto dell’interdipendenza con i suoi fan e il piccolo mondo della provincia americana una ragione di cocciuta testimonianza artistica.

Lo dimostra anche l’allestimento stesso di Chicamamico, inciso nell’autunno dello scorso anno presso il prestigioso studio Sonic Ranch in Texas grazie al supporto di una generosa campagna di crowfunding che ha superato ogni aspettativa. Il dato positivo è che Barham e soci, tra cui emergono la steel guitar di Neil Jones e il piano di Rhett Huffman, non hanno “accontentato” la platea, imbastendo semmai un disco breve e dall’animo meditativo e dolente, che nella seconda parte si adagia sui toni agrodolci della ballata, sia essa acconciata da un certo laid back sudista in Wildfire o più propensa al racconto biografico country folk in The Things We Loast Along the Way e The Hardest Thing, punteggiate da orizzonti desolati, chitarre acustiche e una lontana eco della pedal steel. Una tendenza che già emergeva a tratti nei lavori precedenti, ma allora spezzata dall’irruenza alternative country e punk roots alla base del suono degli American Aquarium, che oggi invece inseguono un tempo più maturo e scosso dai bilanci della vita.


    


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