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Jeff Tweedy
Love is the King
[dBpm Records 2021]

Sulla rete: wilcoworld.net

File Under: folk songs of love


di Fabio Cerbone (02/01/2021)

* uscita digitale 23/10/2020 - cd e vinile 12/02/2021

È ancora un affare di famiglia il quarto album solista di Jeff Tweedy (non volendo contare il progetto più “sperimantele” del lotto, quel Sukiarae accreditato a una più corale sigla, Tweedy), inciso in tempi di forzato ritiro da pandemia fra le mura dell’amato studio di Chicago, The Loft. Ad affiancare la voce e le canzoni di Jeff, nuovamente in libera uscita dall’avventura Wilco, ci sono infatti i figli Spencer (ogni sorta di percussione e batteria sparsa lungo il disco) e Sammy (presenza più defilata e naif, ai cori in alcuni episodi) e nessun altro, con il titolare a vagheggiare sui propri sentimenti suonando chitarre acustiche ed elettriche.

Con la band principale impossibilitata a prendere la lunga strada del tour, messo con le spalle al muro, sebbene più fortunato di tanti altri colleghi musicisti, dalle privazioni e dalle incertezze di questo 2020, Tweedy reagisce a modo suo, guardandosi allo specchio, cercando risposte nelle proprie emozioni personali, nell’amore totalizzante racchiuso in quel titolo, Love is the King, e nella canzone omonima che apre come un manifesto questo album dalla costruzione dimessa e domestica. Abitano una zona confertevole le ballate di Love is the King, seguendo il percorso già indicato dall’accoppiata Warm e Warmer, ovvero sia il lato meno rocambolesco e quello più intimo del songwriting di Jeff Tweedy, che in assenza dei restanti Wilco cerca di asciugare la sua poesia folk tornando a quel pencolare pigro e rustico che abita l’anima più antica del suo fare musica.

Il dondolio dolce di Opaline, oppure la favola sussurrata di A Robin and a Wren appaiono come ennesime varianti dello stile definito magistralmente da canzoni come Far Far Away in avanti (erano i tempi del doppio Being There e della definizione del canone "alternative-country"): stilisticamente si vive un po’ di rendita caro Jeff, eppure la rivelazione melodica è spesso dietro l’angolo e tra qualche chitarra che scalcia nervosa e psichedelica sotto le ceneri (e prima o poi bisognerà ammettere le qualità del Tweedy chitarrista, al netto dell’esuberanza di Nels Cline dentro il suono dei Wilco) e tenerezze folkie che scaldano il cuore entrando nella stanza in punta di piedi (Even I Can See, la felpata Save it For Me), Love is The King è un amorevole antidito alla solitudine e alla confusione del mondo che volge lo sguardo alle piccole gioie della vita e all’accettazione del proprio tempo e ruolo nella vita.

Che poi di tanto in tanto ci scappi “il brano alla Jeff Tweedy”, irresistibile nella sua apparente modestia folk rock è un dettaglio inevitabile e che in fondo ci aspettiamo: l’imbarazzo della scelta cade fra il caracollare di una Gwendolyn che si potrebbe già immaginare tra le grinfie degli stessi Wilco a fare scintille, oppure la più vivace Natural Disaster, con tratti da country rock acidulo, e quella dolciastra patina che trascina Guess Again. Non tutto brilla di luce propria, e sul finale la vena introspettiva della famiglia Tweedy pare accartocciarsi troppo su se stessa e i suoi pensieri, ma scampoli del brillante talento di un autore, ormai divenuto un classico di questi anni, sono sempre in agguato.


    



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