Dietro alla folta barba
e al look da hippy fuori tempo di Ripley Johnson c’è uno dei musicisti
più stimati e vitali della scena psichedelica californiana del nuovo millennio.
In attività da quindici anni con i Wooden Shjips, ha formato nel 2009
il side project Moon Duo con la moglie Sanae Yamada e più recentemente,
dopo il suo trasferimento a Portland, la Rose City Band che ha esordito
con l’omonimo album nel 2019 seguito nel 2020 dal brillante Summerlong
e ora da Earth Trip. Il nome è un omaggio alla città dell’Oregon
(conosciuta come la città delle rose) e in qualche modo si può considerare
un riferimento al tipo di musica della formazione, che poi è un veicolo
dello stesso Ripley, che suona quasi tutti gli strumenti, con l’aiuto
di John Jeffrey alla batteria, di Barry Walker alla pedal steel in quattro
tracce e l’aggiunta di sporadici interventi della moglie al piano e di
un percussionista.
Se i Wooden Shjips hanno un approccio garage alla psichedelia e il Moon
Duo inserisce elementi pop ed elettronici, senza dimenticare le influenze
del kraut rock, la Rose City Band viene definita da Ripley come
il tentativo di attivare le sensazioni che si hanno nella fase iniziale
successiva all’assunzione di sostanze psichedeliche, quindi non in pieno
trip, ma in un momento di transizione, meno intenso e più etereo. Il suono
viaggia dolcemente ai confini tra il country e la musica cosmica, lasciando
impressioni dolci e stranianti, incrociando esperienze del passato che
passano da Neil Young ai Grateful Dead, dai Cowboy Junkies a Jesse Sykes,
dagli Spaceman 3 ai Circles Around The Sun. Il fatto che il disco sia
stato scritto e registrato durante la pandemia, in un periodo di maggiore
isolamento e di avvicinamento alla natura, è riflesso non solo dal titolo
e dalle immagini della copertina e dell’interno, ma dalla musica più lenta
e meditativa rispetto a Summerlong, bucolica e sognante.
Silver Roses è un’apertura languida,
con la voce sommessa di Ripley che si incrocia con la pedal steel ricordando
le atmosfere di Helpless, seguita da In The Rain in cui un’armonica
dolente e una chitarra morbida affiancano il cantato sempre mixato in
modo da non emergere troppo rispetto agli strumenti, creando un’atmosfera
di psichedelia rilassata. Il ritmo cresce in World Is Turning venata
di influenze country dovute alla lap steel e al mandolino, ma Feel
Of Love ribadisce la preferenza per i ritmi lenti, con una chitarra
pensosa ed espressiva. Il primo singolo Lonely
Places sfiora il country con una solista insistente affiancata
dalla pedal steel, mentre l’influenza dei Grateful Dead dei primi anni
Settanta è evidente in Ramblin’ With The Day,
quasi una rilettura di Going Down The Road con un assolo pregevole
e nella pigra e sognante Rabbit. La lunga Dawn Patrol che
chiude il disco è una soffice ballata che si distende lasciando ampio
spazio alla chitarra lisergica di Ripley.
Earth Trip non tradisce le attese generate da Summerlong,
confermando la Rose City Band come una delle realtà più interessanti della
scena psichedelica americana.