Psichedelici e psicotropi
come una spolveratina di peyote nel té di metà pomeriggio, i Rose City
Band sono un gruppo formato principalmente da Ripley Johnson, già
voce dei Wooden Shijps e del Moon Duo. Il progetto nasce al fine di poter
accostare alla band che l’ha portato a viaggiare in tour in lungo e in
largo per gli States e non solo, un'altra band di country rock locale,
con la quale magari suonare solamente al pub sotto casa (che per Johnson
sta dalle parti di Portland). Già il nome bucolico della band fa pensare
a quella stagione di revival folk-rock che aveva i Grateful Dead di Jerry
Garcia come portabandiera, seguiti da Quicksilver Messenger Service, Jefferson
Airplane e colorata e fumosa compagnia cantante.
Non c’è niente di nuovo qui, lunghe cavalcate lisergiche, canzoni country
con classica lap steel a prolungare verso l’infinito le sonorità dilatate
dei brani di Ripley Johnson, allegri uptempo che rimandano a volte a Bob
Weir e al suo barbuto amico di origini ispano-americane, a volte un po’
più a sud di San Francisco, sulle longitudini più familiari a band come
Doors, altre volte ancora al jingle-jangle dei Byrds. Only
Lonely, per esempio, è proprio un brano tipico del folk agreste
della band di Roger McGuinn, chitarre riverberate e squillanti, lap steel,
batteria cadenzata, per un risultato che potrebbe essere una outtake di
5th Dimension. I tempi si dilatano e si fanno ancora più distesi
in Empty Bottles, mentre in brani come Real
Long Gone e Reno Shuffle,
il ritmo diventa incalzante e si passa ad atmosfere più allegre e goderecce.
Proprio Reno Shuffle è una lunga traversata rock con profluvio
di chitarre che si intrecciano e si rincorrono, qualche richiamo qui e
là ai Doors stipati in un bar , per una classica jam-track sulla scorta
di quanto fa da sempre anche Chris Robinson con la sua Brotherhood, ma
che da molto non riesce a suonare in maniera altrettanto soddisfacente.
Su Floating Out cala l’attenzione e il ritmo da dilatato si fa
un po’ indolente e stanco, salvo poi recuperare nella coda lisergicamente
strumentale che è più interessante della parte centrale del brano stesso,
mentre Morning Light rialza il ritmo, così come Wee
Hours, che potrebbe essere descritta come la Sugar Magnolia
della Rose City Band. Il primo verodisco del progetto di Ripley Johnson
(l'omonimo del 2019 stampato in sole mille copie e presto esurito e ripubblicato
dalla Thrill Jockey) è stato mixato da John McEntire (Stereolab,
Broken Social Scene, Tortoise) nei suoi nuovi Soma Studios di Portland
e masterizzato da Amy Dragon al Telegraph Mastering, sempre a Portland,
per un prodotto praticamente a chilometro zero. Questo Summerlong
è un tributo ad una stagione passata e chiusa, purtroppo, ma che ha lasciato
una pesante eredità e le cui vibrazioni si riverberano ancora oggi, forti
e chiare. E che il titolo faccia riferimento alla Summer of Love o meno
questo non è dato saperlo, ma il risultato è uno dei più convincenti di
tutti quelli spuntati come funghi (è proprio il caso di dirlo) sulla scia
di quella parentesi magica della musica, che è partita dalla California
per conquistare in maniera colorata il mondo.