Nel bene o nel male, un
po’ tutto quello che ruota attorno al 2020 ha origine oppure è legato
strettamente alla pandemia che ci ha colpiti. Ma viene sempre da chiederci
se tutto il male vien per nuocere. Attaccandoci a quel filo di ottimismo
che ci è rimasto, vogliamo credere che non sia così, almeno musicalmente.
Pensiamo agli ultimi due dischi di Sturgill
Simpson, nati proprio come conseguenza del virus che ha colpito
anche il cantante originario del Kentucky, oppure al progetto ripescato
dal dimenticatoio dei New Moon Jelly Roll Freedom Rockers, tirato fuori
dal cassetto proprio in tempi di inattività dei musicisti coinvolti e
quindi di maggior libertà nel riprendere in mano le tracce registrate
più di un decennio fa. Anche l’ottantenne e instancabile girovago del
blues, Jorma Kaukonen, vistosi costretto a cancellare i tour e
a rimanere nel suo psichedelico e amabilmente anacronistico Fur Peace
Ranch, ha deciso di convertire le serate in giro per il mondo in live
stream che tiene regolarmente ogni sabato sera dallo scorso aprile.
Proprio in uno di questi live stream, una sera sale sul palco con lui
John Hurlbut, manager del Fur Peace Ranch, per una versione di
Angel from Montgomery dedicata a John Prine, che era appena scoparso.
Da quel primo episodio, Hurlbut diverrà ospite fisso. E, a riprova del
fatto che l’alchimia tra Jorma e John è stata tanto fulminea quanto intensa,
il duo pubblica questo The River Flows durante il "Record
Store Day 2020" e poi in formato digitale e fisico tramite lo store
ufficiale del Fur Peace Ranch a partire dal giorno di Natale dello stesso
anno. A parte l’amore appassionato e indiscusso che proviamo per l’ex
Jefferson Airplane, che ci ha colpito dal primo disco degli Hot Tuna e
ci ha legato ancora più saldamente dopo il suo primo disco solista, fino
ad apprezzarne la deriva country/bluegrass della sua tarda età, il disco
è ottimo sotto tutti i punti di vista. Dall’esecuzione (va da sé), alla
scelta delle canzoni, all’interpretazione di Hurblut che è il centro del
disco, chitarra e voce, lasciando a Kaukonen il ruolo di comprimario di
lusso.
L’inizio è con la magia psichedelica dei Byrds in Ballad
of Easy Rider, che ci riporta ai tempi della Summer
of Love, di San Francisco e Haight Ashbury, quando i Jefferson Airplane
erano al centro della controcultura e Jorma Kaukonen, insieme al suo pard
Jack Casady, creava tessuti sonori su cui Grace Slick cantava con la forza
e il carattere che la contraddistinguevano. Il brano, dalla manciata di
minuti che era originariamente, viene qui ripreso e ampliato con un bellissimo
incipit di pura psichedelia folk. Jorma Kaukonen viene definito come un
creatore di mandala sonori con la sua chitarra e, nonostante tale definizione
abbia un po’ il retrogusto del peyote, calza a pennello. Segue una versione
assolutamente dolce e morbida di People Get Ready, di Curtis Mayfield.
Ennesima versione, certo, ma con una sua originalità e un messaggio di
pace e fratellanza da diffondere in un’America ancora lacerata e divisa.
Altre cover come Choices di George Jones o Kansas City Southern
del transfugo dei Byrds, Gene Clark, e Doug Dillard. Si va a ripescare
nella grande tradizione americana con Across
the Borderline (scritta da Ry Cooder, John Hiatt e Jim Dickinson
e pubblicata originariamente da Willie Nelson), in una versione che mantiene
tutta la carica sociale e il lirismo del testo.
C’è anche spazio per una canzone originale di Hurlbut, Someone’s Calling,
che chiude il disco come si era aperto, con i due chitarristi che fanno
parlare le chitarre in una conversazione sonora che fa percepire l’intesa
forte nata accidentalmente durante la pandemia. A smentire quanto detto
in apertura, fortuna nostra, non tutto il male viene sempre ed inevitabilmente
solo per nuocere.