I fantasmi di Among
the Ghosts aleggiano ancora alle spalle, non si cancellano
con un colpo di spugna, così come il livido suono della provincia americana
che descriveva quel disco. Rappresentava uno snodo artistico importante
per i Lucero, dopo vent’anni di carriera spesa sulla strada, con
una coerenza stilistica e un coraggio che hanno mantenuto giovane e necessario
il gesto della band, probabilmente la formazione cardine del nuovo “rock
sudista” insieme ai Drive-By Truckers. Chi da una prospettiva più politica
e socialmente consapevole (i secondi), chi da una visione interiore e
drammatica (proprio i Lucero), entrambe hanno raccontato quell’angolo
di mondo e più in generale la cupezza del sogno americano di questi anni,
mantenendo un equilibrio fra classico e moderno, fierezza delle radici
e indipendenza rock.
When You Found Me, decimo album in carriera di Ben Nichols e soci,
quintetto ormai cementato da una invidiabile stabilità, sembra spostare
ancora un gradino più avanti il suono dei Lucero, che resta elettrico,
pulsante, essenziale e senza orpelli o tecnicismi, eppure oggi rivisitato
con uno spiazzante carico di riverberi e tappeti di synth che si immergono
in nere nuvole post punk, in una certa grandiosità da cinemascope rock
anni Ottanta, che in alcuni momenti sembra inchiodare la band a una sorta
di uniformità melodica. Ci sono il palpito cupo e la tensione latente
di Have You Lost Your Way a scandire l’attuale passo della band
di Memphis, grazie all’elemento da sempre essenziale di Rick Steff alle
tastiere, che sostituisce il traballare boogie del piano con colpi di
sintetizzatore, spesso utilizzati nel disco come coperte che avvolgono
il canto di Nichols, adesso più che mai fattosi profondo e controllato
nelle asprezze. Così il rock’n’roll da cani randagi e lo spirito punk
dei Lucero assumono una forma epica in Outrun
the Moon e Good as One, con chitarre che si impastano
di delay e trame acustiche che affondano nei languori da colonna sonora
di Pull Me Close Don’t Let Go.
È lo stesso Ben Nichols a toglierci dall’impaccio, quando dichiara di
avere desiderato fortemente che il disco suonasse come “la roba che ascoltavo
alla radio da ragazzo”, presentando alcune demo alla band in una forma
meno grezza e folkie del previsto, arrangiando poi il tutto con l’intervento
del produttore Matt Ross-Spang presso gli storici studios di Sam Phillips
a Memphis. Persa per strada un po’ di naturalezza e di acredine rock,
i Lucero di When You Found Me ripartono dalla maturità dei temi
famigliari, quelli di un Ben Nichols padre e marito che riconosce la salvezza
dell’amore nella sua vita con All my Life e lo stesso finale acustico,
rarefatto della title track, lettere idealmente spedite alla figlia e
alla moglie. Nel mezzo non si annullano affatto le storie americane fatte
di ombre e ricordi, come il western crepuscolare di Coffin
Nails, ballata in nero che rievoca la storia del nonno di Ben
e della perdita del padre, veterano della Prima Guerra Mondiale, oppure
di A City on Fire, il resoconto dell’incendio sociale che la nazione
ha affrontato con crescente odio in tempi recenti.
La vitalità più sfrontata dei vecchi Lucero emerge soltanto nell’accelerazione
di Back in Ohio, con il sax a spargere fragore springsteeniano,
ma l’anima di questo disco abita luoghi più adulti, introspettivi e nostalgici,
dai quali i Lucero dimostrano di saper uscire con il coraggio di restare
fedeli alla loro storia, anche consapevoli di rischiare a ogni uscita,
disposti a pagare questa volta il prezzo di una musica che cede qualcosa
in spontaneità per continuare a (r)esistere.