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on down and cover me di
Gianfranco Callieri (01/08/2018)
Dal
loro esordio, anche se non si direbbe, sono passati vent'anni e malgrado non abbiano
mai raggiunto le masse o il successo mainstream, ai Lucero va riconosciuto
il merito di non essersi nemmeno mai seduti sugli allori del proprio decoro alternativo,
cercando anzi, a ogni nuovo album, di aggiustare la rotta, inserire qualche novità,
confutare le certezze di quanti si fossero affezionati in modo ossessivo ai lavori
precedenti. Questo atteggiamento, che sembrerà poca cosa a chi abbia sempre biasimato
la stretta osservanza rockista del gruppo classificandola alla voce dei ricordi
d'altri tempi, rappresenta invece il collante sulla base del quale la voce ruvida
del cantante e compositore Ben Nichols, la sei corde avvelenata di Brian
Venable e le tastiere sudiste di Rick Steff, come al solito accompagnati dall'essenziale,
aggressiva sezione ritmica di John C. Stubblefield (basso) e Roy Berry (batteria),
non hanno mai perso un grammo di credibilità persino nelle occasioni più discutibili
o meno ispirate, mantenendosi invece leali all'etica blue-collar delle loro radici
sonore (da ricercarsi tra Bruce Springsteen e gli Who, tra il country più ossuto
e il r&b della Memphis da cui provengono) senza limitarsi a offrirne un'interpretazione
retrograda, conservatrice o insignificante per forma e contenuti.
Se a
un primo ascolto il nuovo Among The Ghosts potrebbe sembrare un
semplice riassunto degli stili sin qui affrontati dal gruppo, e cioè un prevedibile
frullato di sporcizia alla Replacements, truci ballate alt.country e improvvise
esplosioni di energia e velocità, la prospettiva si ribalta intensificandone la
frequentazione, perché nei suoi dieci brani affidati alla produzione senza un
filo di grasso dell'ottimo Matt Ross-Spang (Jason Isbell, Margo Price, Drive-By
Truckers) davvero non si faticano a scorgere, con un minimo di attenzione, i tratti
di una sommessa quanto efficace rivolta esistenziale, la freschezza di uno slancio
teso non solo a ribadire quanto già espresso nelle stagioni passate ma a sottolinearne
l'unicità tramite una malinconia onesta e rabbiosa di cui è impossibile non percepire
l'autenticità.
In realtà, nel corso di Among The Ghosts, i "vecchi" Lucero
affiorano soltanto nell'ultima For The Lonely Ones,
con i suoi fuochi d'artificio di fiati e chitarre taglienti, mentre il resto del
programma, pur inaugurato dalle frustate della title-track, rimanda allo Springsteen
tetro e ossessivo di metà '80, evocato soprattutto dalla laconica ancorché incalzante
marcia elettrica di Bottom Of The Sea, dalle cadenze spettrali della desolata,
stupenda Cover Me, dal pessimismo elettroacustico
di una Long Way Back Home simile a una parafrasi
umile e dimessa di Downbound Train. Dove Everything Has Changed, per contro,
evidenzia qualche somiglianza con il Bob Dylan millenarista e disperato degli
anni zero incartandone i sermoni in un ossessivo ritmo hillbilly, Always
Been You mette al centro della scena il pianoforte di Steff ricorrendo
a una vibrante intensità gospel, To My Dearest Wife accartoccia in chiave
roots-rock i pensieri di un combattente della Guerra Civile americana e la nota
Loving (apparsa due anni or sono nella colonna
sonora dell'omonimo film diretto dal fratello di Nichols, Jeff) acquista nuova
freschezza grazie a un arrangiamento dove la tipica irruenza del gruppo viene
comunque disciplinata in un interludio all'insegna dell'intimismo.
La
cupa scenografia di Back To The Night, con il recitativo di Michael Shannon
- l'attore-feticcio del Nichols regista - a spargere inquietudine sopra un tappeto
di consumata elettricità, sintetizza gli umori dell'album, prima del catartico
congedo affidato al frastuono della citata For The Lonely Ones, con l'amarezza
visionaria del Patterson Hood più cinematografico, ma al di là di tutti i possibili
paragoni e riferimenti, Among The Ghosts resta soprattutto un disco
dei Lucero. E se anche appartenete alla categoria di quelli che, come il sottoscritto,
rispetto a Nichols e soci continuano a sognare la spigolosa cattiveria di Nobody's
Darlings (2005), i brucianti melodrammi punk'n'roll di Rebels,
Rogues & Sworn Brothers o il romanticismo soul travolgente e frastornante
di 1372
Overton Park, difficilmente vi troverete a desiderare le tracce di
Among The Ghosts - tristi, sincere, incazzate, dolenti, corrosive - diverse da
come in effetti sono.