Le “prescrizioni per i sognatori”
di Valerie June prevedono una cura a base di folk astrale e dall’anima
pop psichedelica, intrecciate a memorie soul colte direttamente dalle
strade di Memphis, dove l’artista è cresciuta. Disco ambizioso fin dalla
copertina, che la ritrae come una soul queen sofisticata avvolta
nei drappi d’argento, Valerie segna il passo rispetto ai suoi esordi,
cambiamento già messo in atto con il precedente The
Order of Time e oggi esplicitato prendendosi dei rischi in
fase di arrangiamento e produzione. La mossa è spiazzante, ma attira e
irrestisce attraverso un ciclo di canzoni, spesso sviluppate senza soluzioni
di continuità, quasi si trattasse di un flusso di coscienza dove far convergere
i sogni e le speranze dell’artista, un mondo in comunicazione fra cielo
e terra, tra musica eterea ed espressività più carnale.
Non è opera semplice da decifrare The Moon and Stars: Prescriptions
for Dreamers, con il suo pastiche sonoro che tesse trame acustiche
e passione black, teneri abiti soul e piccole incursioni di elettronica,
mettendo sempre al centro quella voce particolarissima, bambinesca, innocente,
così distante dai luoghi comuni di una musiscista afroamericana di Memphis,
che ci immaginiamo rapita dalle più calde e impulsive tonalità del r&b.
Accade davvero soltanto nell’episodio di Call
Me a Fool, ballata southern soul in gran spolvero, con la partecipazione
simbolica di Carla Thomas ai cori, qui nel ruolo di una madrina per la
stessa Valerie June, mentre la chiave di lettura di The Moon and Stars:
Prescriptions for Dreamers risiede semmai negli angelici crescendo
di Stay, nelle spirali di voci eteree di You
and I, tra le indifese carezze folk pop di Colors, che
si fanno impalpabili come nuvole in Stardust
Scattering, splendida canzone a due tempi che acquista un groove
sinuoso strada facendo, riportando a certe nuance di afro-beat presenti
nel citato The Order of Time.
L’operazione di Valerie June è complessa e semplice al tempo stesso, è
una meditazione sul ruolo di artista che ricorda da vicino il percorso
di Michael Kiwanuka con il suo più recente album omonimo.
Di intesa con il produttore Jack Splash (Kendrick Lamar, Alicia Keys),
lavorando tra gli studi di Los Angeles e Miami (i famosi Criteria), Valerie
June non teme di contaminare, persino con un eccesso di sperimentazione,
il linguaggio più tradizionale dei suoi lavori precedenti, soprattutto
nella seconda parte di questo The Moon and Stars: ecco dunque che
alla rarefatta intimità acustica di Fallin’ seguono gli ammicammenti
pop soul di una solare Smile, i minimali beat elettronici di Within
You, gli evanescenti giochi vocali di Home Inside, alternati
però da improvvise prove di maturità country soul, come accade nella sospesa
melodia di Two Roads.
Album multiforme ed elegante, che svela particolari e imprevisti ad ogni
ascolto, il sogno ad occhi aperti di Valerie June è la presa di coscienza
di un’artista consapevole delle sue radici musicali, pronta a traghettarle
in una dimensione quasi impressionista nella resa sonora.