Si aspettava con una certa
curiosità questo disco, più che altro per cercare di capire verso quali
lidi Michael C Taylor, unico depositario oramai del marchio Hiss Golden
Messenger (Scott Hirsh è da tempo fuori dal progetto), avrebbe deciso
di condurre la sua creatura. Il punto è che, a fronte di due lavori molto
ispirati, due “classici” di Americana assemblati con raffinata opulenza
(Heart
Like a Levee e Hallelujah
Anyhow), l’ultimo album, pur sfoggiando delle ottime liriche,
aveva lasciato qualche più che lecita perplessità. Al di là, infatti,
dei buoni riscontri di critica e pubblico, Terms
of Surrender era apparso agli occhi dei più smaliziati, troppo
didascalico e persino, cosa ben più grave, un tantinello ruffiano.
Quietly Blowing It, pur rimodulando l’originaria rotta, riesce
invece, con grande eleganza e perizia, a tirare la barca fuori dalle secche
in cui si era parzialmente incagliata.
Non si riscontra, è bene essere subito chiari, il suono rutilante e il
variegato impatto cromatico delle citate precedenti produzioni, ma i brani
ritrovano autenticità e freschezza, spiegandosi in maniera leggera ed
accattivante, senza mai risultare banali e, tanto meno, semplicistici
o artificiosi. A ritrovare prepotentemente spazio sono le idee, innescate
in un quadro coerente e vibrante, la capacità di creare una scena sonora
palpitante, con specifiche univoche e identitarie, la volontà di rispettare
la propria vicenda artistica, di tornare all’intimità, all’essenza del
fare musica. Senza girarci troppo intorno, questo nuovo album riammette
Hiss Golden Messenger nel club di quelli che contano nell’ambito dell’alternative-country
e, se vogliamo, ce lo presenta in una veste evoluta, con maggiore consapevolezza
nelle proprie doti di scrittura e con una visione più matura del mondo.
M.C. che, peraltro, è laureato in folklore americano, dà quindi nuova
dimostrazione di conoscere davvero bene la materia e di averla elaborata
con gusto e originalità. Del resto l’essere nato nella California del
sud, l’aver vissuto a San Francisco e l’essersi infine stabilito in Carolina,
attraversando così gli States da ovest ad est, lo ha messo nella condizione
migliore per maneggiare la tradizione e studiare al meglio generi e stili
dell’american music.
Quietly Blowing It è, in estrema sintesi, un bel compendio di fascinazioni
roots. Sixties, west coast, folk, country, soul, musica d’autore, seduzioni
pop, lo spettro delle influenze è molto ampio ma forse, oltre gli ovvi
termini di confronto, sia con materiale mainstream che con “classici”
moderni, il paragone più immediato è con il recente Dixie
Blur del quasi conterraneo Jonathan Wilson. Cambia certamente
il metodo e magari il mood, più scuro quello di Jonathan, però l’ambito
è uguale, così come simile è l’eterogeneità del profilo emozionale. M.C.
ha scelto di limitare per quanto possibile il lavoro in studio, preferendo
un approccio live alle canzoni, così come ha deciso di coinvolgere una
pletora di musicisti che sapessero cogliere questa sua esigenza, senza
risultare troppo invasivi nelle scelte sonore (su tutti Taylor e Griffin
Goldsmith dei Dawes, il chitarrista di Nashville Buddy Miller e Josh Kaufman,
membro dei Muzz e dei Bonny Light Horseman).
Il risultato sono undici brani con cui familiarizzare ascolto dopo ascolto,
tutti di ottimo livello, in cui si alternano episodi dalla ritmica più
marcata (The Great Mystifier, Hardlytown
e Sanctuary), a passaggi più introspettivi (title track e
Painting Houses), ad accenti southern (If it Comes in the
Morning), a sussurri rhythm’n’blues (It Will if We Let it),
persino a brevi escursioni texmex (Angels in the Headlights). Oltre
i tormenti esistenziali dell’autore ed i suoi pregressi tentativi di facilitare
il percorso, Hiss Golden Messenger, oggi come nel recente passato,
è senza dubbio un marchio importante ed affidabile, bellissimo esempio
di rivitalizzazione della tradizione in una lucida ed eclettica prospettiva
contemporanea.