Lucero
Rebels
Rogues & Sworn Brothers
[Liberty
and Lament 2006]
1/2
Appena il rantolo scorticato di Ben Nichols digrigna i versi di I Can
Get Us Out Of Here ("Jenny si accende una sigaretta / Si chiede come abbia
fatto a ficcarsi in questo casino / Sabato notte - la parte sbagliata della città"),
prima di abbandonarsi coi suoi accoliti Brian Venable (chitarra), John
C. Stubblefield (basso) e Roy Berry (batteria) all'incalzare punk'n'roll
di un pezzo che sta da qualche parte tra i Ramones e i Replacements, si capisce
subito che la musica dei Lucero ha compiuto un salto definitivo. Naturalmente
l'innesto delle tastiere di Rick Steff (che si occupa di piano, farfisa
e B3) ha giovato al sound nel suo complesso, rendendo ancor più robuste e sferzanti
quelle scariche rock in passato compromesse da una secchezza priva di proporzioni,
ma il gruppo è riuscito a spiccare il volo soprattutto grazie al produttore (finalmente)
giusto, nella fattispecie David Lowery dei Cracker, capace di assecondare
al meglio l'innegabile spessore compositivo delle canzoni senza mitigarne aggressività
e impatto: accade così che il taglio sconquassante, rockinrollinstico e rabbioso
di brani come Nineteen Seventy Nine e The Weight Of Guilt acquisisca
un pathos drammatico che rimanda alle liturgie urbane dello Springsteen di Darkness,
mentre il lirismo delle ballate digradi verso una dolorosa profondità sinora soltanto
vagheggiata. Rebels, Rogues & Sworn Brothers è il disco migliore
dei Lucero, perché le dodici esplosioni elettriche che lo compongono sibilano
traiettorie mai così precise, schiantando l'irruenza rock di 'Mats, Lynyrd Skynyrd
e Bruce Springsteen su di un muro di amarezza e rimpianti. Se pensate all'ennesimo
ritratto dello sradicamento e della lancinante solitudine della vita on the road
non siete concettualmente lontani dalla verità, ma tenete presente che qui non
ci sono i soliti singhiozzi acustici da folksinger complessato, bensì una serie
di cazzotti allo stomaco che affrontano la sconfitta con spirito combattivo e
chitarre spianate. Non che le digressioni roots, del resto siano scomparse: costituiscono
anzi la materia viva di San Francisco o The Mountain (zona Drive-By
Truckers e dintorni), però convogliate in una furibonda tempesta rock alla Uncle
Tupelo che non lascia un attimo di tregua e procede inarrestabile nelle sferzanti
What Else Would You Have Be Me?, I Don't Wanna Be The One, She's
Just That Kind Of Girl. Un gradino sopra si collocano Cass (lancinante
rock serramanico che puzza di Stones) e la convulsa Sing Me No Hymns, vera
e propria apoteosi di artiglieria stradaiola e Memphis-sound sotto anfetamine,
con un intermezzo di assoli al fulmicotone. Il ruvidume country di On The Way
Back Home e il disadorno pianoforte di una She Wakes When She Dreams
che respira tiepida come la brezza di un golfo di mare concludono invece l'album
offrendo scampoli di rarefatta catarsi all'universo altrimenti disperato, violento
e affranto di Rebels, Rogues & Sworn Brothers. Se per voi il rock'n'roll è qualcosa
in più di una semplice posa, non perdete questo disco.
(Gianfranco Callieri) www.luceromusic.com
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