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new americana princess di
Fabio Cerbone (26/03/2018)
Le
miglia percorse, la distanza fra il desiderio di ritorno a casa e quello di vivere
la dimensione di musicista on the road, sono ancora il fulcro della scrittura
di Courtney Marie Andrews, a tutti gli effetti una delle principali voci
dell'Americana di oggi, dopo la definitiva consacrazione ottenuta con Honest
Life. Quel disco metteva sotto i riflettori una voce trascinante e
colma di passione country soul, attraverso ballate e arrangiamenti limpidi, dove
la semplicità riduceva all'essenza della canzone tutta la bellezza del canto della
Andrews. Due anni dopo May Your Kindness Remain riprende il discorso,
spostandosi di lato: composto in buona parte tra motel, van e case di amici, nel
corso dell'ultimo tour fra Stati Uniti ed Europa, il disco capovolge le sensazioni
di Honest Life, che narrava in prima persona il viaggio di Courtney dal suo nativo
Arizona per i palchi di mezzo mondo, ponendo questa volta l'accento su sensazioni
carpite dalle persone incontrate in queste stagioni sulla strada.
È dunque
un guardare al volto degli altri per riconoscersi nel proprio, affondando mani
e piedi in storie che parlano di depressione e isolamento, delle lotte quotidiane
della gente, soprattutto dentro un'America che non concede mai seconde chance,
ma costringe spesso ad affrontare una realtà dura e spietata. Canzoni quindi fatte
di una dolce malinconia, empatiche e dal tono confessionale, ma che non fanno
sconti. Questo si riflette in un lavoro musicalmente più complesso, a volte varcato
da una maggiore enfasi nelle melodie, che si gonfano con la presenza accentuata
delle chitarre di Dillon Warnek e delle tasteire (organo e piano elettrico) di
Daniel Walker e Charles Wicklander. La stessa May Your
Kindness Remain annuncia questa piccola svolta, con il tenore gospel
del brano che viene attraversato all'improvviso da una elettricità più fremente.
Nessuno tema uno stravolgimento di quelle qualità che hanno reso incantevole la
proposta di Courtney Marie Andrews fin dagli esordi: la potenza della voce è ancora
intatta e se vogliamo persino amplificata dal suono oggi più avvolgente e riverberato
della band, così come la tenera armonia di Lift the Lonely
from My Heart testimonia, evidente tributo alla musa ispiratrice Emmylou
Harris.
Inciso a Los Angeles sotto la direzione dell'esperto Mark Howard,
abbandonando l'approccio casalingo dei precedenti album, May Your Kindness Remain
è soltanto più adulto e consapevole nelle scelte stilistiche, che alternano quel
country rock avvolto in morbida bambagia soul anni settanta (Two
Cold Nights in Buffalo) con ballate dalla modulazione più dilatata,
come a dare maggior peso alle parole e al canto della Andrews, fatto che sale
in superficie con Rough Around the Edges, nella languida Took You Up,
o fra le trame espanse della chitarra in This House.
I momenti di più intenso linguaggio rock sono invece rappresentati dal battito
ritmico e dall'accoppiata organo-piano elettrico dai sapori funk di una sorpredente
Border, nonché dall'incedere country soul
classico di Kindness of Strangers, con il sostegno di C.C. White ai cori,
ospite in diversi episodi della raccolta ed essenziale nel sostenere l'afflato
gospel.
L'emotività della registrazione, spesso in presa diretta nel corso
di otto giorni di vita comune in studio, è chiara in ogni passaggio di May Your
Kindness Remain, ancorando anche gli episodi più eterei, come il lungo finale
di Long Road Back To You, con una languida slide guitar sullo sfondo, all'interpretazione
di Courtney.