Il
campanello d'allarme suona spesso quando un artista decide di tornare sui propri
passi, rivisitando il repertorio con la scusa di un disco "unplugged", o magari
di una manciata di cover, che indicano un passaggio a vuoto, un momento di crisi
d'ispirazione, se non addirittura un semplice obbligo contrattuale. In apparenza
non sfugge alla regola Swimmin' Pools, Movie Stars... - titolo da
California assolata e poco realistico sul contenuto rurale - il primo album in
chiave strettamente bluegrass della carriera di Dwight Yoakam, nel quale
il cowboy per eccellenza del country rock ripercorre una dozzina di classici del
suo più e meno recente passato (e una imprevista cover nel finale) adattandoli
allo stile intereggerimo della tradizione.
Non è esattamente così che
si svolgono i fatti, poiché la scintilla dell'interprete e la qualità del
materiale sono talmente buone che, anche nella bella maniera in cui sono state
confezionate queste canzoni, traspare il talento di Yoakam, l'abilità nel ridare
slancio allo stesso bluegrass, facendolo uscire dalle paludi del compitino scolastico
e dalle edulcorate produzioni di una scena di Nashville dove raramente capita
di ascoltare la spigliatezza di episodi quali Sad Sad
Music, These Arms o It Wouldn't Put
It Past Me. L'operazione, con tutti i limiti di cui sopra, è dunque
riuscita a pieni voti, e tutto sommato non dispiace ammirare in questi panni più
agresti il nostro Yoakam, specialmente dopo un dittico di album, tra cui l'ultimo
spumeggiante Second
Hand Heart, tra i più elettrici della sua produzione.
In attesa
di un ritorno di fiamma e di qualche canzone all'insegna dell'honky tonk più sanguigno,
Swimmin' Pools, Movie Stars... restituisce nuova linfa alla trascinante What
I Don't Know, asciuga in chiave acustica e ruspante classici come Guitars,
Cadillacs e Gone (That'll Be Me), dotandoli diun suono
esuberante e al tempo stesso rispettoso dello stile indagato. Dietro c'è lo zampino
di gente dalla preparazione tecnica impeccabile, da Stuart Duncan al fiddle a
Bryan Sutton alle chitarre e Scott Vestal al banjo, chissà perché meno ingessati
e professionali del previsto rispetto alle tante session a cui prendono parte
in Tennessee. E qui il merito è soltanto del protagonista, che forse non ha voglia
di liquidare il compito di Swimmin' Pools, Movie Stars... al rango di normale
amministrazione: senza pensare che qui si stia facendo la storia della carriera
di Dwight Yoakam (altro c'è da pescare nel suo sterminato campionario), l'andazzo
impresso a brani come Listen, al walzer di Three
Doors Down o alla swingante Please Please
Baby certifica che in studio i musicisti si sono lasciati andare e
il direttore d'orchestra ci ha messo tutto il mestiere dettato dalla maturità
e dalla malizia di un marpione.
Se poi il sipario si abbassa con un creativo
e scaltro tributo al Prince di Purple Rain
cosa chiedere di più? La versione è limpida, spiazzante senza dubbio e forse persino
sacrilega per i fan del folletto di Minneapolis, ma sembra restituire un'intensità
inedita, dimostrando che quando una canzone possiede l'impronta del capolavoro
attrae con qualsiasi abito la si indossi.