È
quasi una sorpresa, rispetto alle tempistiche alle quali ci aveva abituato, ritrovare
David Crosby a così stretto giro dalla sua precedente uscita discografica:
Lighthouse segue di soli due anni l'ennesimo ritorno artistico
annunciato che fu Croz,
un disco che sembrava voler riacciuffare con professionalità e intensi intrecci,
tra echi folk rock e pop smussato, un discorso abbandonato molti anni prima. Il
successore è fatto di tutt'altra pasta musicale, un incedere rilassato, quasi
metafisico che, come direbbero gli americani, diventa "stripped down", torna insomma
all'essenza acustica di queste ballate e al gioco vocale di Crosby. Una scelta
voluta e cercata da Croz insieme al chitarrista, produttore Michael League,
leader dei newyorkesi Snarky Puppy, un esemble jazzy di Brooklyn per cui Crosby
nutre grande stima da diversi anni.
È sotto la sua direzione che Lighthouse
ha assunto questa forma spartana: escluse le parti ritmiche, giocate spesso sul
solo intersecarsi delle chitarre dei due musicisti, i nove episodi seguono una
sorta di flusso interiore che non disdegna di lasciare spazio alle eccentricità
melodiche di David Crosby. Canzoni quali Things We Do
For Love, dedicata alla moglie, o Somebody Other Than You sembrano
riflettere ancora quel sacro fuoco che uscì dalla turbolenta stagione californiana,
anche se gli anni che passano inesorabili hanno lasciato un impronta nel soffio
celestiale della voce. Eppure è ancora capace di blandire, una brezza leggera
che arriva dalla baia di Frisco, quando Crosby sublimò lo spirito di un'intera
generazione nel suo capolavoro If I Could Only Remember My Name. È quasi logico
che Lighthouse (a proposito: finalmente una bella copertina) sia stato accostato
per atmosfere a quel disco, seppure non si avvicini alla stessa intensità artistica.
Quello che lo differenzia in verità è il mood generale: l'abbandono malinconico
e trascendente, le melodie astrali oggi lasciano il passo ad alcune aperture folk
che alternano brillantezza e mestiere, facendo spesso leva sulle parti vocali
e sulla bruma folk jazz delle partiture di chitarra, per esempio nell'uno due
di The Us Below e Drive
Out to the Desert. Non c'è traccia della scalata al cielo di If I Could
Only Remember My Name, e non potrebbe essere altrimenti, ma resta l'eco di un
magistero, quello del Crosby più classico, nel mood di The City (dove appare
l'organo di Cory Henry) e fra l'ordito placido di Paint You a Picture,
brano scritto in coppia con Marc Cohn e accompagnato dal piano distante di Bill
Laurance.
È forse una sorta di "riposo del guerriero", il meritato luogo
di riappacificazione, lì dove il faro di Lighthouse pare illuminare il finale
della vita di una nuova speranza: in tal senso la chiusura di By
the Light of Common Day, con la seconda voce di Becca Stevens, è perfetta,
uno dei momenti più intensi di un disco che entra in intimità con un autore
rinato.