Bob Weir, californiano di San Francisco, è il più
giovane tra i fondatori dei Grateful Dead: aveva 16 anni quando conobbe
Jerry Garcia a Palo Alto, 18 quando The Warlocks si trasformarono in Grateful
Dead nel ’65. Dopo lo scioglimento del gruppo conseguente alla morte del
chitarrista, ha alternato la carriera solista con i RatDog alla partecipazione
a formazioni che hanno portato avanti l’eredità del gruppo di origine
(The Other Ones, The Dead, Furthur) fino al ritorno con tutti gli ex colleghi
per i concerti del 2015, a vent’anni dalle ultime apparizioni con Garcia.
In seguito ha formato i Dead & Company con John Mayer alla chitarra, oltre
ai vecchi compagni Mickey Hart e Billy Kreutzmann, che sono tuttora attivi
e ripartiranno per un tour estivo, ma ha anche realizzato un album solista,
Blue
Mountain.
Nel 2018 si è riunito per qualche data con il bassista Phil Lesh e ha
costituito The Wolf Bros, un trio con Don Was, bassista e produttore
di fama mondiale (Rolling Stones, Bob Dylan, Bob Seger, Willie Nelson,
Van Morrison…), nonchè presidente della Blue Note e con il batterista
Jay Lane (RatDog, Furthur, Primus) che ha girato gli Usa per un paio di
anni fino alla pandemia, quando ha aggiunto in alcune date in streaming
le tastiere di Jeff Chimenti (RatDog, The Dead, Furthur) e la pedal steel
di Greg Leisz, un session man che ho suonato con tutti o quasi i musicisti
più importanti, da Eric Clapton ai Black Crowes, da Ryan Adams a Jackson
Browne, inserendo anche una sezione di archi e fiati chiamata The Wolfpack.
Con questa configurazione più ampia ha ripreso a suonare nel giugno del
2021 a Red Rocks, in Colorado, e a Veil; da queste date sono estratti
gli otto brani pubblicati dalla Third Man di Jack White che rivisitano
principalmente episodi del repertorio dei Grateful Dead, con un taglio
diverso, più intimo e riflessivo, a tratti jazzato, senza (o quasi) una
chitarra elettrica solista, con largo spazio a break strumentali in cui
piano e pedal steel hanno un ruolo basilare, oltre alla voce di Weir,
che è maturata affinandosi e adattandosi anche ai brani che erano cantati
da Garcia.
I Wolf Bros interpretano i Dead con un approccio rilassato, non da grandi
stadi, al contrario di Dead & Company che ricalcano con qualche variazione
lo stile della formazione originale. New Speedway
Boogie apre la scaletta, il primo brano suonato a Red Rocks
dopo il lockdown, in una lunga versione rallentata e notturna, con un
piano boogie, la lap steel sempre puntuale che dà un tocco country e la
presenza discreta dei fiati, seguita da A Hard Rain’s Gonna Fall di
Dylan, una canzone che Weir ama riproporre, distesa e scorrevole, con
dosati interventi strumentali. Il ritmo si alza con una briosa
Big River (Johnny Cash) da sempre nel repertorio dei Dead,
con lap steel e piano che dialogano in scioltezza e la chitarra elettrica
che si ricava qualche spazio tra rock e country. West L.A. Fadeaway,
tratta da In The Dark dell’87, è sinuosa e jazzata, mentre My
Brother Esau, una b-side dello stesso periodo, è un mid-tempo addolcito
da Leisz, pur restando un pezzo minore. Only A River è l’unico
estratto da Blue Mountain, un country/folk con richiami alla tradizionale
melodia di Shenandoah, seguita dalla ballata Looks Like Rain,
tratta da Ace, esordio solista di Bobby del ’72, ammorbidita e
rilassata. Il disco è chiuso dall’accoppiata Lost Sailor/ Saint
Of Circumstance, due tracce composte da Weir e John Barlow per Go
To Heaven del ’79, meno immediate rispetto ad altre dei Dead, allungate
e riarrangiate con l’inserimento riuscito di archi e fiati e un’influenza
country-jazz.
Live In Colorado non inventa nulla, ma offre una prospettiva
diversa e in parte innovativa a un repertorio che è entrato nella storia
della musica americana.