Progetto
fortemente voluto da Robbie Fulks, che ne ha curato la produzione artistica,
Touch My Heart, A Tribute to Johnny Paycheck è una preziosa rarità
nell'ormai inflazionato campo dei tribute album, per repertorio, qualità degli
artisti coinvolti e non ultimo la scelta dello stesso personaggio da omaggiare.
Per una volta tanto infatti non si tratta di un nome di grido, piuttosto di un
eroe minore della country music, controverso, dalla vita tormentata. Fulks ha
dichiarato a più riprese il suo amore incondizionato per Paycheck e soprattutto
per le sue incisioni degli anni sessanta con la Little Darlin' records: una fonte
di ispirazione sulla musica del giovane songwriter. Con la supervisione della
Sugar Hill, Robbie ha svolto un lavoro encomiabile: riunita appositamente una
stellare house band (il mitico Lloyd Green alla pedal steel/ Dennis
Croch, basso/ Gerald Dowd, batteria/ Hank Singer, fiddle, mandolino/
Joe Terry, piano/ Redd Volkaert, chitare), si è portato in studio
la crema dell'attuale scena Americana, qualche vecchio marpione e giovani talenti
dell'alt-country pescando a piene mani nell'eredità musicale di Paycheck. La conclusione
è semplicemente perfetta, uno dei migliori esempi di country music ascoltati di
recente, perché pervaso in ogni interpretazione da un amore ed una fedeltà verso
lo spirito degli originali. A turno sfilano calibri da novanta e facce nuove:
parte la bravissima Neko Case in If I'm Gonna Sink, un honky-tonk
stellare dove la sua voce squillante va a nozze. È una delle poche voci femminili
presenti, ma tutte infallibili: affascinante come sempre Mavis Staples
con il classico Touch My Heart, country-soul di rara eleganza, e se le
cava bene anche Gail Davis in coppia proprio con Robbie Fulks nella ruspante
Shakin' the Blues. Nelle fila della vecchia guardia si mettono in evidenza
l'amico di un tempo di Paycheck, George Jones, con la raggiante She's
All I Got, il vocione di Dallas Wayne nella struggente I Did The
Right Thing, un semplicemente perfetto Jim Lauderdale con I Want
You To Know e il solito Dave Alvin, che non delude con la rockata 11
Months And 29 Days. Stupefacente anche Marshall Crenshaw, trasformatosi
in navigato country singer con I'm Barely Hangin' On To Me. Tuttavia molte
sorprese arrivano dai giovani virgulti: Hank III che piega I'm The Only
Hell My Mama Ever Raised (un titolo che gli calza a pennello) al suo old-style
rurale; Bobby Bare jr. che riprende Motel Time Again (scrita dal
padre Bobby Bare, ma portata al successo anche da Paycheck) aggiungendo una tromba
e un piano saltellante sullo sfondo, prima del gran finale con Take This Job
And Shove It, dove viene affiancato da Jeff Tweedy, Radney Foster
e, udite udite, Buck Owens in persona, per una versione scoppiettante del
classico di Paycheck. Sarebbe stato forse l'ideale chiudere i conti con questo
brano invece di scegliere la Old Violin di Larry Cordle, ma è un
appunto secondario in un'operazione riuscitissima. (Fabio Cerbone)
www.sugarhillrecords.com
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