Un nuovo disco tributo a Bob Dylan è forse l'operazione meno originale che possa
fare una cantante di questi tempi (in fondo abbiamo appena tolto dal lettore un
album analogo di Joan
Osborne dello scorso anno), eppure c'era da aspettarselo un tale
infoltimento del catalogo a seguito del premio Nobel. Moda sì o moda no che sia,
Bettye Lavette confeziona questo Things Have Changed coerentemente
ad una discografia che si sta specializzando in cover-records spesso a tema, e
di certo "Lui" non poteva mancare. Il suo grande pregio però è sempre stato quello
di non soffermarsi quasi mai su titoli arci-noti e arci-riletti, ma di cercare
brani che davvero ben si adattano alle sue certo non comuni doti vocali. Nel caso
di Bob Dylan addirittura assistiamo ad alcune variazioni sui testi, una lesa maestà
che ha ottenuto il placet dell'autore, e che rappresenta un caso abbastanza raro,
visto che gli interventi non si limitano solo a rendere al femminile l'io narrante,
come spesso accade quando una donna canta canzoni di un uomo.
In ogni
caso il menu è per veri intenditori della materia, e pesca dall'album Oh Mercy
Political World e What
Was It You Wanted che vanno ad aggiungersi alla Everything is Broken
che aveva già cantato nell'album Thankful n' Thoughtful del 2012 e alla Most
Of The Time compresa nel tributo Chimes Of Freedom dello stesso anno. Da Empire
Burlesque vengono invece una sorprendente Seeing The
Real You At Last, e una già nativamente soul Emotionally Yours,
mentre del giovane Dylan si riprendono qualche classico (abbiamo dunque una ennesima
nuova versione di The Times They Are A-Changin`e di It
Ain`t Me Babe, ma è vero che fatte così non le avevamo mai sentite),
e Mama, You Been On My Mind.
Se dagli anni più recenti pesca solo
la stupenda Ain't Talkin', è intelligente la scelta di non andare sull'ovvio
virando a soul troppi brani del triennio cristiano, già abbondantemente rivistati
in questa veste dal bellissimo disco Gotta Serve Somebody: The Gospel Songs of
Bob Dylan del 2003, concedendosi solo una coraggiosa rilettura di Do
Right To Me Baby (Do Unto Others) da Slow Train Coming, mentre azzeccate
sono le scelte di una Going Going Gone che era stata recentemente esaltata
anche da Gregg Allman, e quel mai abbastanza decantato capolavoro che è Don`t
Fall Apart On Me Tonight da Infidels. Resta da dire della title-track, uno
degli ultimi classici dylaniani che penso sia impossibile trasformare in qualcosa
di brutto, ma anche di diverso, e di fatto la versione che apre il disco non si
discosta troppo dall'originale.
Coadiuvata da una band che definire stratosferica
non è certo una esagerazione (Larry Campbell, Pino Palladino, Leon Pendarvis e
Steve Jordan che produce), da qualche intervento più che gradito di Keith
Richards in una Political World virata a reggae, o di Trombone Shorty, Gil
Goldenstein e Ivan Neville, la Lavette appronta un disco formalmente perfetto,
sbaglia poche scelte, e torna così ai fasti di album come I've Got My Own Hell
to Raise o The Scene of the Crime, dimostrando che forse l'argomento Dylan è talmente
vasto da giustificare sempre nuove riletture.