Non
è una esagerazione considerare Stephen Foster come "the
first american songwriter". Così lo definiscono infatti le note
di presentazione di questo tributo alle sue composizioni. Beautiful Dreamer
- the songs of Stephen Foster è l'atto di nascita di un'interessante
progetto, l'American Roots Puplishing, che meglio non poteva riassumere i suoi
intenti con un'operazione di questo genere. "Celebrare i tesori nascosti
della cultura americana" significa ritrovare uno spirito, francamente oggi
molto sbiadito e spesso manipolato dalla politica, di un'intera nazione. Il raggio
d'azione prevede non solo la musica, ma ogni espressione dell'arte (letteratura,
pittura, cinema) con scopi didattitici, interazione con le scuole, manifestazioni.
Nella speranza che una simile iniziativa trovi interlocutori sensibili - e magari
augurandoci che anche dalle nostre parti si riesca a concepirne una di tal fatta
- era logico pensare ad un disco che potesse fare da cassa di risonanza.
Il nome di Foster non appartiene evidentemente alla nostra memoria, ricoprendo
un ruolo fondamentale soprattutto nello sviluppo della moderna folk music americana.
Eppure, parte del suo repertorio ha travalicato i confini per diventare patrimonio
della cultura popolare occidentale: le melodie di Oh Susanna e Captown
Races sono infatti note a tutti al primo ascolto. Foster è figlio di
un'America giovane e in pieno sviluppo. Nasce il 4 luglio (un destino!) del 1826
nei sobborghi di Pittsburgh, a cinquant'anni esatti dalla fondazione degli Stati
Uniti. Una vita errabonda, sconclusionata, segnata da affetti familiari sempre
calpestati: morirà nel gennaio del 1863, a soli 37 anni, la gola tagliata
a causa di una grave caduta. La sua arte era stata da tempo superata con l'avvento
della guerra civile: finì i suoi giorni in disgrazia, con soli 38 cents
in tasca. I suoi brani, strumentali e cantati, sono in gran parte ascrivibili
alla tradizione delle cosiddette Minstrel songs: un genere di "farsa"
che sfruttava la musica delle diverse etnie di immigrati e prevedeva l'esibizione
di attori bianchi mascherati e pitturati come gli schiavi Africani. Ed è
maledettamente vera la constatazione che il Minstrel aveva una lontana parentela
con il rock'n'roll: entrambi "rubavano" i segreti di altre musiche per
crearne una nuova. Foster è dunque l'antesignano del songwriting moderno
proprio perchè fu il promo autore ad intuire l'arte del melting pot
americano, dell'unione di stili differenti: il folk degli irlandesi, le ballate
degli scozzesi, i ritmi degli africani, le polke della mittleuropa
Con
una confezione ed una grafica a tema ottocentesco, entrambe molto curate (testi
inclusi), Beautiful Dreamer è un tributo di non facile assimilazione,
diciamolo subito. Chi supererà l'ostacolo tuttavia, oltre al valore storico,
avrà tra le mani una sequenza di brani che raramente scadono nella sterile
calligrafia, creando una struggente atmosfera. Un disco che fa della spiritualità
delle interpretazioni e del loro essere omonegee le sue armi migliori. I nomi
coinvolti non sono necessariamente pezzi da novanta (alcuni ve ne sono), ma tutti
hanno più o meno colto il senso dell'operazione. Sul fronte dei "blasonati"
si distinguono lo spanish style di Raul Malo (Beautiful Dreamer),
l'asciuttezza folk di John Prine (My Old Kentucky Home, splendida)
e Alvin Youngblood Hart (Nelly Was a Lady), il country-blues divertito
di Michellle Shocked e Pete Anderson (Oh Susanna) e la sempre
magnifica Mavis Staples (il piano gospel di Hard Times Come Again no
More). Piccole sorprese arrivano invece con gli spiritosi BR5-49, impegnati
nella marcetta orientaleggiante di Don't Bet Money on the Shanghai, dalla
romantica Judith Edelman (No one to love), che trova due speculari
interpreti maschili in David Ball (old folks at home) e Ron Sexsmith
(Comrades Fill no Glass for Me), e infine dalla sempre più brava
Grey de Lisle, specializzatasi ormai in spettrali sussurri folk (Willie
We Have Missed You). Se anche Mr. Bob Dylan in persona ha dichiarato di risalire
ogni tanto al buon vecchio Stephen Foster, significa che queste canzoni, a 150
anni di distanza hanno ancora un mistero da svelare (Fabio
Cerbone)
*La scaletta
1. Beautiful Dreamer (Raul Malo) 2. Slumber My Darling-Yo Yo Ma (Edgar Meyer/
Mark O'Connor/ Alison Krauss) 3. Don't Bet Money on the Shanghai (BR5-49)
4. Nelly Was A Lady (Alvin Youngblood Hart) 5. No One To Love (Judith
Edelman) 6. Camptown Races (The Duhks) 7. My Old Kentucky Home (John
Prine) 8. Autumn Waltz (Henry Kaiser) 9. In The Eye Abides The Heart
(Beth Nielsen Chapman) 10. Old Folks at Home (Swanee River) (David Ball)
11. Oh! Susanna (Michelle Shocked & Pete Anderson) 12. Willie We Have Missed
You (Grey DeLisle) 13. Hard Times Come Again No More (Mavis Staples)
14. Gentle Annie (Ollabelle) 15. Jeanie With the Light Brown Hair (Roger
McGuinn) 16. Ah, May The Red Rose Live Always! (Suzy Bogguss) 17. Holiday
Scottisch (Will Barrow) 18. Comrades Fill No Glass For Me (Ron Sexsmith) www.americanrootspublishing.org
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