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a cura di Paolo Baiotti Alla fine degli anni '80
i Grateful Dead sono al massimo della popolarità. Hanno superato
indenni il decennio che ha voluto dimenticare quasi tutte le rock band
degli anni settanta, sommerse da batterie elettroniche e sintetizzatori,
uscendone più forti e rilevanti che mai. Nonostante la salute cagionevole
del leader Jerry Garcia, culminata nel coma diabetico dell'86, il gruppo
ha pubblicato In The Dark nell'87 dopo sei anni di assenza dal mercato,
entrando nella top ten americana degli albums e dei singoli con Touch
Of Grey. Non bastano più le arene a contenere la richiesta crescente di
biglietti, neppure con date multiple. Nel '91 suonano nove date al Madison
Square Garden, undici all'Oakland Arena, sei ai Boston Gardens, ma anche
due volte al Giant Stadium di New York e negli stadi di altre città. Dal
'92 le date negli stadi aumentano in numero e proporzione, non ne basta
una per città. E questi tour diventano dei veri spostamenti di massa:
migliaia di persone seguono la band, riempiendo gli spalti e anche il
"parking lot", la zona dei parcheggi intorno agli stadi, che diventa una
specie di cittadella delle deadheads che svuotano auto e campers vendendo
di tutto, dalle magliette agli oggetti in ceramica, dagli adesivi ai tappeti.
"Deadicated"
e i suoi fratelli La
stessa etichetta ci riprova qualche anno dopo con Stolen Roses - Songs Of
The Grateful Dead (Arista 2000), ma il risultato è meno brillante. Intanto
il produttore David Gans (musicista e giornalista, deadhead da sempre) raccoglie
brani già editi con qualche eccezione, quindi non è proprio un tributo, ma una
raccolta che manca della fluidità e della unitarietà di Deadicated. Tra jazz,
funky, blues, bluegrass, punk e rock jammato si alternano brani di qualità difforme.
Diverte il bluegrass dei Cache Valley Drifters, convince ancora Elvis Costello
con il medley acustico Ship Of Fools/It Must Have Been The Roses, sorprendono
Black Muddy River del gruppo vocale The Persuasions e Ripple dei
Sex Mob, intenerisce la Friend Of The Devil scomposta di Bob Dylan, incanta
la lunga Dark Star bluegrass del quintetto di David Grisman (coprotagonista
con Jerry Garcia di alcuni album tradizionali magnifici). Ma altri artisti come
i Wartime, Joe Gallant, i Pontiac Brothers e i Leftover Salmon non incidono nella
stessa misura. Sull'onda dell'ottima Black Muddy River i Persuasions, storico
gruppo a cappella afroamericano, pubblicano Might As Well…The Persuasions Sing
Grateful Dead (Arista 2000), quindici covers vocali con scarni contributi
strumentali che soddisfano ed emozionano, almeno nelle ballate come Lazy River
Road, Ship Of Fools e Brokedown Palace. |
The
National, quintetto originario di Cincinnati, sono una delle band indie più
popolari e considerate del nuovo millennio. Hanno inciso sei albums, dall'omonimo
esordio del 2001 a Trouble Will Find Me del 2013, raggiungendo il successo maggiore
con High Violet del 2010. Inoltre i due fratelli Aaron e Bryce Dessner, principali
compositori della band, hanno supportato numerose iniziative benefiche, curando
tra l'altro nel 2009 la compilation Dark Was The Night per la Red Hot Organisation.
Sulla scia di questo disco Aaron ha pensato a Day Of The Dead, una
raccolta che rendesse merito alla scrittura dei Grateful Dead e all'influenza
delle loro canzoni su musicisti di ogni genere. Nelle note di copertina Aaron
dichiara: "è una storia che abbiamo ascoltato da così tanti colleghi…in qualche
modo i Grateful Dead sono penetrati nella coscienza di generazioni di musicisti,
ispirando scrittura e sperimentazioni ambiziose e mostrando che scrivere per amore
della musica è sufficiente. I Grateful Dead non sono mai stati alla moda o attraenti,
sono sempre stati più di sostanza che di stile, ma la loro impronta sulla cultura
musicale americana, e oltre, è innegabile". In quattro anni il progetto, pubblicato
sempre per la Red Hot Organisation in occasione del 50° anniversario del gruppo,
è lievitato; da dieci canzoni si è arrivati a quasi sessanta, un'opera monumentale
di cinque dischi per più di sei ore complessive, pur lasciando fuori canzoni significative
del repertorio della band californiana, i musicisti di The National fungono da
house band per molti solisti, oltre ad essere i principali protagonisti con sei
esecuzioni; la loro presenza contribuisce all'unitarietà del progetto, molto curato
anche nella parte grafica e nel sito (www.dayofthedeadmusic.com).
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