Quella che segue potrebbe essere la recensione più inutile
che abbiate mai letto, per cui vediamo se riesco a fare in modo che la
leggiate fino alla fine impegnando i tre minuti che necessita. Cosa abbiamo
qui? Bob Dylan. E non c’è altro da dire. Abbiamo le canzoni di Bob Dylan
fino al 1966, classici, capolavori, chiamatele come volete, ma restano
una delle esperienze letterarie e musicali più grandi del secolo scorso,
Nobel o non Nobel. C’è poi un disco di cover di Bob Dylan, l’ennesimo,
e certo non l’ultimo, non sto a contare quanti artisti l’hanno fatto perché
sicuramente sbaglierei per difetto. C’è poi il fatto che una cover di
un brano di Bob Dylan credo sia un obbligo, sicuramente morale, che un
qualsiasi autore di canzoni statunitense (e non solo) deve prima o poi
affrontare, ma non mi meraviglierei di trovarlo anche come diktat nella
Costituzione Americana.
C’è poi Cat Power, che ha deciso di regalarsi questo concerto (e
tra l’altro è anche il suo primo live-record ufficiale) per i suoi 50
anni e congiuntamente 30 anni di carriera (la sua prima esibizione da
artista fu a Brooklyn nel 1993 come spalla ai Man or Astro-man?), una
artista per cui, anche qui, non devo prodigarmi troppo in presentazioni,
visto che è ospite fissa sulle nostre pagine da sempre. C’è anche il fatto
che sulle cover Cat Power ci ha ormai fondato una carriera parallela,
che tiene a bada i tempi lunghi, l’insicurezza, e i mille dubbi con cui
porta avanti in maniera sempre sofferta la sua da autrice, e che sia brava
a calarsi nei testi altrui non è più una novità. C’è il suo amore per
Dylan, anche questa tutt’altro che una novità, visto che in Jukebox
del 2008 oltre a una cover di I Believe In You (da Slow Train
Coming), ci aveva piazzato come unico suo brano autografo una splendida
Song To Bobby che potrebbe anche da sola sostituire questa recensione.
C’è un concerto, quello mitico di Bob Dylan con la Band (ai tempi ancora
Hawks) del 1966 alla Royal Albert Hall (ufficialmente, perché poi pare
che, per un errore dei bootleggers, venne messa la location errata alla
serata clou, che si tenne invece alla Manchester Free Trade Hall), il
numero quattro delle sue Bootleg Series se ancora non lo avete
recuperato, la sera di chitarre elettriche esibite a sorpresa, del “Judas!”,
“I’Don’t Believe you, You’re a Liar”, che è probabilmente l’unica parte
che qui non viene ripresa con ingegneristica precisione. Insomma, la sera
che ha cambiato il rock and roll tutto. E che Cat Power ripercorre con
perfetta aderenza, calandosi nei panni della folk-singer ante litteram
voce-chitarra-armonica nella prima parte, e passando alla parte elettrica
nella seconda. Stavolta senza troppi scandali, anche perché la sua band
ricrea perfettamente il suono del tempo, segue gli arrangiamenti originali
senza smuovere una virgola, non cambia tempi e modi.
Ovvio quindi che il risultato sia bellissimo. Ma quindi come la chiudo
senza aver solo enumerato una serie di ovvietà? Chiedendomi se tutto ciò
abbia senso? No, non più, non nel 2023 in piena era di autocelebrazione
del classic-rock. Se sarebbe stato meglio avere riletture diverse e coraggiose?
Forse, ma è evidente che la serata era più un regalo a sé stessa che ai
fans, per cui perché rovinarle la sorpresa? Sperando che le giovani generazioni
raggiungano Dylan attraverso questo disco? Io non ci spero più dal 2010
ormai, e non ci spera neanche la stessa Cat Power secondo me, che
è mia perfetta coetanea, e ai suoi coetanei si rivolge ormai da tempo.
Per cui va benissimo così, viviamo di grandi ricordi, questo vuole dirci
Cat, riviviamoli assieme ancora una volta, e altro non c’è da dire.
La
scaletta:
Disco 1 - 1. She belongs to me // 2. Fourth tume around // 3. Visions
of Johanna // 4. It's all over now, baby blue // 5. Desolation row //
6. Just like a woman // 7. Mr. Tambourine Man
Disco 2 - 1. Tell me, momma // 2. I don't believe you (She acts like we
never have met) // 3. Baby, let me follow you down // 4. Just like Tom
Thumb's blues // 5. Leopard-skin pill-box hat // 6. One too many mornings
// 7. Ballad of a thin man // 8. Like a rolling stone