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british rock meets american roots di
Silvio Vinci (08/10/2012)
Li
aspettavo al varco, la cresima del secondo album, e non mi hanno deluso, anzi:
una band moderna ma rispettosa del passato, originale e pure debitrice dei grandi
maestri, una grande band di rock 'n roll. Alberta Cross, oggi una "big
thing" a New York, benchè originari della Gran Bretagna (e con un cantante a dire
il vero svedese, Peter Eriksson Stakee) hanno sapientemente mescolato sangue e
pelle del vintage rock inglese con la psichedelia della west coast. Il tutto filtrato
ed assorbito fino alla sintesi di quel suono che oggi non è facile catalogare,
per la nostra abitudine a dare sempre una sfaccettatura al rock, ma che si inserisce
ovviamente nel pentolone succulento del nuovo rock americano, nel quale proliferano
altri attori quali Band Of Horses, Kings of Leon, Rogue Wave, Ray LaMontagne.
Songs Of Patience è la prova della maturità raggiunta, del giusto
equilibrio tra le controllate nevrosi dei primi EP (Leave us or Forgive us) e
la sicura padronanza delle ballate che già nell'ultimo
album li rendeva dei fuoriclasse (la magnifica Old Man Chicago).
Sono le ballate che caratterizzano l'ultimo lavoro degli Alberta Cross,
splendide ballate psichedeliche, canzoni orecchiabili e trascinanti, elettriche
e impetuose, senza fretta; canzoni di pazienza. Magnolia
apre il cd, magnifica architettura ritmica sulla quale sale altissima la splendida
voce di Peter E. Stakee, canzone che ti entra nella pelle al primo ascolto. Molto
riusciti anche i cori, pezzo tra i più belli sentiti quest'anno. Crate
Of Gold marcia sui binari già abbondantemente consumati dai Black Keys,
ruvida e acida. Lay Down dà il via
alla sequenza delle ballate che caratterizzano il disco, quest'ultima è semplice
nella struttura, ovviamente marcata dalla voce, impressionante per ampiezza e
dolcezza, ma anche dalle chitarre, acide e dilatate; Come
On Maker segue sullo stesso groove sino ad aprire alla splendida Ophelia
on My Mind, sanguinante nenia, convincente "ballatona" rock che mi
riporta alla mente la magia dei Verve (ecco le influenze British...). Si alza
il ritmo con Wasteland, molto orecchiabile,
direi l'hit single, pop song per scaldare le frequenze radio a metà mattina tra
uno spostamento in auto e la ricreazione a scuola. I
Believe In Everything prosegue sul precedente tema ballad, anche questo
ottimo brano, sapientemente arrangiato con una sezione archi che ben irrobustisce
la androgina voce del nostro svedesone.
Life
Without Warning, chitarra acustica e piano, basso e batteria senza
esitazioni, è una ballad sonnacchiosa che scivola via per darci la sveglia alla
successiva Money for the weekend , anche essa
molto british e aggressiva, direi molto vicina allo stile U2 periodo Unforgettable
Fire o ultimo Paul weller. Chiude l'album Bonfires,
ballata chitarra e piano alla Neil Young, delizioso e minimale accompagnamento
alla bella voce che senza dubbio caratterizza gli Alberta Cross, musicalmente
non dissimili da tanti gruppi che recentemente hanno conquistato uno spazio nel
pianeta rock, che producono un corposo sound elettrico e godono evidentemente
di un'ottima produzione. Si distinguono anche per il più che buono script, con
alcune gemme compositive grazie alle quali potrebbero salire in cima alle vendite
delle classifiche del nuovo rock americano. Ben vengano dischi come questo.