È una storia che raramente si è “sporcata” quella
dei californiani X, caduti forse nella trappola del provarci ancora
senza troppe convinzioni una sola volta, quando nella prima metà degli
anni Novanta l’inconcludente Hey Zeus! lasciò l’amaro in bocca,
nel tentativo di restare a galla inseguendo la grande febbre alternative
rock dell’epoca. Da allora, interrotti i segnali discografici, ci sono
state diverse occasioni per riprendersi insieme il palco e poi un’improvvisa
rinascita artistica, ma solamente nel momento in cui la band aveva davvero
qualche buona canzone, e soprattutto nuove eccitanti cose da dire.
Così, nel 2020, diciassette anni dal precedente, Alphabetland
aveva sorpreso un po’ tutti per freschezza e adesione al canone rock’n’roll
del gruppo, album rabbioso e dritto al punto, senza eccessive preoccupazioni
di suonare fuori tempo massimo, semplicemente perché nel frattempo gli
X erano diventati un classico, anche a costo di contraddire quel brucia
tutto e subito che apparteneva all’iconografia sbiadita del punk rock
delle origini, questione che peraltro la loro vicenda personale aveva
sempre smentito. Nonostante il “declino della civiltà occidantale” annunciato
in gioventù dalle barricate di Los Angeles, John Doe, Exene Cervenka,
Billy Zoom e DJ Bonebrake sono sempre stati troppo intelligenti per fermarsi
a quel cliché, per cui l’annuncio che il loro nono album di studio, Smoke
& Fiction, sarà molto probabilmente anche l’ultimo della serie,
a seguito di un tour di addio che si inoltrerà fino al prossimo 2025,
è del tutto coerente con la loro biografia artistica.
Siamo qui esclusivamente se ne vale la pena e se le canzoni hanno un senso,
sembrano volerci dire, e se davvero non smentiranno se stessi (mai dire
mai nel mondo del rock’n’roll...) allora Smoke & Fiction sarà effettivamente
una splendida uscita di scena, di quelle che arrivi, accendi la miccia,
ribalti il locale ed esci dalla porta di servizio senza rimpianti. Dieci
brani, mezz’ora scarsa di musica, senza respiro fino alla fine: hanno
tutti raggiunto la settantina o quasi, Billy Zoom l’ha persino suparata
ampiamente, hanno avuto i loro (seri) problemi di salute e i loro guai
personali, ma non si guardano mai in cagnesco, ritrovano la spontaneità
dei giorni migliori e piazzano in copertina una X gigante su sfondo nero
che ti aspetteresti prenda fuoco come ai tempi del loro debutto, era il
1980. Siamo invece nel 2024 e l’interoSmoke & Fiction
ruota intorno al tempo che passa, alle battaglie vinte e perse, a come
il mondo crudele sia cambiato intorno alla band, senza nostalgie che finiscano
per imprigiornarla però, come dimostra l’esplicita Big
Black X, riff che rimanda ai giorni migliori e crea una connessione
immediata con chiunque abbia incrociato il proprio destino con la musica
del gruppo.
La formazione è quella originale, quindi non ci si può sbagliare sulle
dinamiche e l‘intesa dei singoli, semmai a fare la differenza, ancora
di più che nel già positivo Alphabetland, sono le composizioni:
Doe e Cervenka non lasciano trapelare i segni del tempo, e le voci si
incastrano magicamente in Ruby Church e Sweet
Til the Better End, DJ Bonebrake pesta dritto e non cede di
un millimetro in Flipside e Struggle, che suonano un po’
come se fosse ancora il 1977 per le strade di Londra, anche se il vero
mattatore musicale è Billy Zoom, che alla chitarra macina punkabilly incendiario
nella già citata Big Black X, in una Winding
Up the Time che piacerebbe tanto a Mike Ness dei Social Distortion
e nel ruzzolare cow-punk della title track. Raramente gli X tolgono il
piede dall’acceleratore e quando accade la musica non cala di tensione,
piuttosto si riempie di qualche sfumatura più dark che esalta l’intepretazione
di John Doe, dalla splendida ballata rock The Way It Is al palpitare
scuro di basso e feddback chitarristici di Face in the Moon.
Visti i risultati, chissà che non ci ripensino: un’altra mezz’ora così
noi l’accetteremmo di buon grado, ma in caso contrario grazie lo stesso
per questo impetuoso saluto finale.