È una questione di famiglia l’ottavo capitolo solista
di Robert Forster, l’altra metà del culto australiano Go-Betweens,
che torna a lanciare segnali a quattro anni dal precedente Inferno.
Tutto ruota intorno a due versi, una canzone a dir poco “stringata”, ossessiva
nell’incedere, e dritta al punto con spietata sincerità: She’s
a Fighter (fighting for good, aggiunge con ottimismo
nella seconda parte il nostro Robert) è arrivata alla fine del percorso
di registrazione di The Candle and the Flame, canzone dedicata
alla moglie Karin Bäumler e alla diagnosi di tumore che l’ha vista coinvolta
dalle successive cure chemioterapiche, prendendo infine la decisione di
arrangiare e incidere il brano senza troppi ripensamenti, e coinvolgendo
in studio anche i figli Loretta e Louis (quest’ultimo noto anche per il
lavoro con The Goon Sax), rispettivamente alle chitarre e al basso e percussioni.
Sebbene non preventivato in partenza, il brano si è svelato come
un perfetto completamento dell’umore che attraversa l’intero album: nove
episodi tra i più intimi e personali scritti in carriera da Forster, i
quali, nell’affrontare una nuova età della vita, parlano di salute fisica
e mentale, di ricordi ed errori di gioventù, di una consapevolezza raggiunta
con il passare degli anni. Da qui l’atmosfera in prevalenza acustica e
spolpata di The Candle and the Flame, seppure non rinunci agli
spigoli del folk rock di casa Forster, illuminato di tanto in tanto da
quelle rivelazioni melodiche che rappresentano il marchio dell’autore
fin dalla indimenticata stagione con i Go-Betweens (rievocata nel bellissimo
libro Grant
and I, curato dallo stesso Robert).
Terminato nell’arco di sei mesi presso gli Alchemix Studios di Brisbane,
questa volta giocando in casa dopo la trasferta berlinese del più elettrico
Inferno, The Candle and the Flame conferma la presenza di
Luke McDonald (The John Steele Singers), coinvolge quindi Scott Bromiley
e la bassista Adele Pickvance (Warm Nights), ma soprattutto la compagna
Karin e i citati figli in un un percorso di confessioni modellate intorno
alla chitarra acustica di Forster, che dall’incalzante apertura di She’s
a Fighter si sposta subito nei territori più ariosi e nostalgici di
Tender Years, saliscendi di memorie
che si esplicita in uno dei momenti musicali più ricchi dell’intero album
insieme al classico jangle sound di Always. Il nucleo della raccolta
tuttavia riporta spesso all’essenza cruda del songwriting di casa Forster:
It’s Only Poison, filastrocca acustica che brilla di spietata
tenerezza, il passato che riemerge come un piccolo disvelamento quotidiano
in There’s a Reason, la chiusura manifesto
di When I Was a Young Man.
Tutta la parte centrale e il secondo tempo del breve album sono distinte
da questo mood malinconico e folkie, ma niente affatto opprimente, semmai
un fluire di emozioni sincere che ha richiesto un approccio altrettanto
essenziale: Robert Forster e famiglia al seguito ci accompagnano così
per mano nella loro stanza, fra il bagliore tenue di Go Free, le
ammissioni di I Don’t Do Drugs I Do Time e l’agrodolce tristezza
di The Roads, in un disco assemblato per sottrazione e senza infigimenti,
ma nel quale le singole canzoni/confessioni brillano di luce propria.