Com’è vivere su questa Terra nel 2022? Per niente
facile, ammettiamolo, anzi, è un gran casino. Manuale di sopravvivenza
(e di protesta), e al tempo stesso mappa umana delle difficoltà che tutti
stiamo attarversando, il nuovo album degli Hurray for the Riff Raff,
progetto artistico che nasconde da sempre le canzoni di Alynda Segarra,
voce e anima artistica della band, rifonda da zero la storia del gruppo.
Talmente radicale la svolta, che Life on Earth potrebbe
essere considerato un esordio, certamente il parto musicale di un’altra
band, qui al lavoro con il produttore Brad Cook.
La progressiva ambizione sonora degli Hurray for the Riff Raff era già
emersa con il sorprendente The
Navigator, una delle uscite migliori del 2017, album che ampliava
lo spettro delle influenze folk e roots di partenza per scendere definitivamente
a patti con le origini portoricane della Segarra. Nasceva così un meticciato
rock e latino che affascinava per il suo melting pot di umori musicali,
passando da New York a New Orleans, le città che hanno visto crescere
il gesto artistico di Alynda. Life on Earth è un salto nel vuoto,
un cordone ombelicale reciso con le radici del passato, in tutti i sensi:
via i sapori più tradizionalisti, via Bob Dylan e Neil Young, via la Louisiana
e anche il rock urbano incontrato nelle strade di Brooklyn, oggi il nucleo
è nel modernariato anni 80 delle pulsioni di Wolves,
sintetizzatori, big sound e la voce della Segarra che descrive la forza
e il dolore di stare a questo mondo.
Il disco prosegue con fotografie ecologiste, piglio contestatore, empatia
da reazione alla crisi pandemica e rivendicazioni di identità contro gli
abusi sessuali che confermano la potenza del personaggio Alynda Segarra,
compresa la sua voce e il suo particolare modo di interpretare le canzoni,
ma scegliendo una colonna sonora che abbonda di una fastidiosa grandeur
negli arrrangiamenti (Pierced Arrows, l’indie rock un po’ generico
messo a bagno nel mainstream di Pointed at the Sun e Saga).
Piacerà (sta già piacendo) molto alla stampa internazionale questo Life
on Earth: è al passo coi tempi, è alla moda, ripesca e attualizza
la sbornia 80s che è sulla cresta dell’onda, salvo ricordarsi qualche
volta di rimettere la testa nella stanza del linguaggio folk (Rhododendron)
senza l’effetto sorpresa però, per lo più trasformando il suo gesto musicale
in episodi introspettivi e drammatici (la stessa Life
on Earth, che resta comunque uno dei passaggi iù commoventi),
e anche parecchio evanenscenti (Jupiter’s Dance, Nightqueen,
Rosemary’s Tears, una Precious Cargo che vira verso influssi
reggaeton e hip hop).
Le parole reggono, ma l’album si sfalda: l’impressione è che la strada
imboccata dal precedente The Navigator fosse quella giusta e che
il passo successivo sarebbe stato affinare l’arte di quelle intuizioni;
Hurray for the Riff Raff hanno invece scelto un colpo di teatro avventuroso
che lascerà di stucco molti, ma sembra avere snaturato del tutto la loro
storia.