Sturgill Simpson
Sound & Fury

[Atlantic 2019]

sturgillsimpson.com

File Under: worst 80s nightmares

di Fabio Cerbone (10/10/2019)

Vi racconteranno che Sturgill Simpson ha inciso un nuovo disco di puro rock, “trasadanto e fumoso” (parola dell’artista), soltanto lui e il fidato trio di musicisti, Chuck Bartels, Bobby Emmett e Miles Miller, da qualche parte nel Michigan. E che lo ha intitolato Sound & Fury: suono e furore, per l’appunto, le canzoni magari un’altra volta. Aggiungeranno anche che il vero colpo di genio è stato ripensare l’intero album come la colonna sonora di un film di animazione, commissionando al regista giapponese Jumpei Mizusaki e al connazionale disegnatore Takashi Okazaki una sequenza di video legati ad ogni singola canzone. Il risultato finale sarà una storia tra realtà distopica, immaginario da post-Apocalisse e tradizione samurai proiettata nel futuro, da consegnare in esclusiva alla piattaforma streaming di Netflix.

Vi diranno che Sturgill ha fatto tutto questo per liberarsi dai cliché e dalle costrizioni del music business, che lo voleva imprigionato in un genere, soprattutto dopo essersi guadagnato a sorpresa un Grammy come 'Best Country Album' per il precedente, clamoroso e bellissimo, A Sailor’s Guide to Earth. Ve lo descriveranno come un musicista ribelle, incapace di restare fermo sulle conquiste passate, sempre un passo oltre, uno scarto di lato, pronto a scompaginare le carte come un moderno fiorilegge. Per far saltare il banco vi descriveranno i nuovi brani come una audace, esagerata, roboante cavalcata tra rock cibernetico al testosterone (l’annuncio con il primo estratto, Sing Along, il resto con gli interessi in Best Clockmaker on Mars e Last Man Standing), declinazione di un wall of sound fatto di spirali psichedeliche (l’apertura strumentale con Ronin), pulsazioni artificiali (due minuti di pennelate di synth e poi una chitarra effettata come un Billy Idol in gran spolvero sugli schermi di Mtv), boggie futurista (A Good Luck, che manco gli ZZ Top di Recycler…) e outlaw country rivisitato ai tempi di Blade Runner (Remember to Breathe, Mercury in Retrograde).

Vi convinceranno poi che l’uomo e l’artista ha così dimostrato di fare esattamente ciò che voleva, come se bastasse fare ciò che si vuole, senza necessariamente offrire un contesto, per essere automaticamente assolti da ogni critica. Come riprova della buona fede di Sturgill vi citeranno i suoi eroi, in primis Waylon Jennings (di cui continua ad echeggiare la voce, tonante come un tornado dal Texas, anche se Simpson arriva dal Kentucky), ma per pareggiare i conti tireranno in ballo anche i Black Sabbath, un non meglio precisato riferimento all’hip hop, e naturalmente i Cars del compianto Rick Ocasek (ma soltanto quelli dopo Shake It Up, mi raccomando).

Vi faranno credere infine che se non capite tutto questo, compresi i sette minuti di plateali riffacci cyber blues e stridori a ripetizione di Fastest Horse in Town, semplicemente non avete una mente aperta, e peggio per voi. Perché, sapete, oggi non si butta via proprio niente, né il bimbo né tanto meno l’acqua sporca. Vi diranno tutto questo e altro ancora. Ma voi non credetegli.


    


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