File Under:
bittersweet alt-folk rock di
Fabio Cerbone (12/11/2018)
Distinguere
la produzione solista di J Mascis dal suo principale gruppo di riferimento
(Dinosaur Jr.), potrebbe persino passare per una questione secondaria, tale è
l'intreccio di melodie, accordi, strutture stesse che sottendono queste canzoni.
Certo, da una parte risalta l'attacco frontale e spesso debordante del trio, che
dalla reunion di qualche anno fa con l'alter ego Lou Barlow ha ripreso i fili
di una storia più che trentennale alla guida dell'alternative rock americano.
Eppure, non saremmo molto lontani dalla realtà se decidessimo di descrivere Elastic
Days, sorta di chiusura di una trilogia, al fianco dei predecessori Several
Shades of Why e Tied to a Star, come l'altra faccia della medaglia,
disseminato di ballate che rappresentano il contraltare intimo, elettro-acustico,
quasi tradizionalista della scrittura di Mascis, che di tanto in tanto aveva svelato
questa sua dimensione negli stessi lavori dei Dinosaur Jr.
La differenza
questa volta la fanno gli accenti più marcati della sezione ritmica (sempre tutto
rimesso nelle mani del protagonista), un beat che si anima in ogni brano, passando
nell'arco di pochi minuti da introduzioni acquietate a finali in crescendo, con
l'immancabile dialogo delle chitarre, i solismi psichedelici di Mascis e le sue
cavalcate dal passo "younghiano". Il debito nei confronti del loner
canadese è sempre stato una "zavorra" mostrata con orgoglio, un tributo artistico
di cui non vergognarsi: nella struttura folk rock che anima l'intera scaletta
di Elastic Days questa ispirazione artistica esce allo scoperto senza scorciatoie,
trascinando J Mascis in una sequenza di canzoni che parlano una lingua malinconica
e dolciastra nelle melodie, a cominciare dalla nostalgia di See
You at the Movies, classica al primo istante. I cambi di passo sono
impercettibili, l'uniformità un vanto e non un difetto, anche perché Mascis ha
sempre lavorato alla luce del sole su queste sceneggiature.
Superfluo
dunque domandarsi se Elastic Days e il pigro incedere dei falsetti vocali, così
limitati e ciò nonostante riconoscibilissimi, abbiano qualcosa di inedito da offrire:
J Mascis canta addirittura con più maturità e controllo, seppure sia azzardato
affermare che abbia imparato il mestiere, dando prova di avere catturato un'atmosfera
in Web So Dense, I Went Dust, Sky Is All We Had, e di averla
poi diluita lungo tutto il percorso di Elastic Days. Le variazioni sono ridotte
allo stretto necessario, ma funzionano perché i musicisti coinvolti hanno una
familiarità immediata con l'autore: il piano di Ken Miauri, per esempio, è un
compagno di strada essenziale nel sostenere queste cadenze (riuscitissimo il dialogo
in Picking Out the Seeds), così come le voci
di Pall Jenkins (Black Heart Procession) e Zoë Randell (Luluc) rinforzano l'idea
di un folk rock più luminoso del previsto, dove a volte una certa musicalità esplode
al seguito del ritmo (Cut Stranger, Sometimes, il sobbalzare del
riff di chitarra acustico in Wanted You Around),
e altre si fa invece più dimessa, come conviene alla figura stessa di J Mascis
(le title track, Give It Off).
Un film già visto milel volte, ma
da certi registi non ci aspettiamo forse che lavorino sul genere?