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J goes folk again di
Fabio Cerbone (04/09/2014)
Me
Again, non poteva esserci dichiarazione più sincera ad aprire il nuovo capitolo
solista di J Mascis, il quale sembra confessarci di non essere cambiato,
di avere ancora dalla sua parte quella malinconia agrodolce imbevuta in ballate
folk, che ha preso il sopravvento nei suoi più recenti viaggi in solitaria. Tied
to a Star è dunque il secondo tempo di Several
Shades of Why, l'album che metteva al centro il mood più confessionale
della chitarra dei Dinosaur Jr., svelando in fondo una vena compositiva che di
tanto in tanto aveva fatto capolino nella stessa discografia ufficiale della band,
soltanto qui protagonista di ogni anfratto dell'anima. E il seguito sembra farsi
ancora più raccolto, intimo, nell'uso smodato del falsetto, nella delicatezza
delle armonie, nel ricorso quasi esclusivo della chitarra acustica, certamente
lo strumento guida a cui questa volta Mascis non accosta più del dovuto squarci
di psichedelia e intensità indie rock, come ancora accadeva nel suo predecessore.
Si parte proprio con la ninna nanna cullante di Me Again e si ottiene
la visione d'insieme di un musicista che è andato oltre il culto per essere oggi
un classico moderno: qui è l'essenza del songwriting di J Mascis ad uscire allo
scoperto. Non rinuncia comunque a qualche imbizzarrita recrudescenza della sua
scrittura rock, ad esempio quando la maschera nel brillante incedere di
Every Morning, che avesse avuto una cascata di elettricità più invadente
sarebbe stato un brano di casa Dinosaur Jr. in piena regola (sarà un caso che
sia stato scelto come primo singolo?). È anche l'episodio più solare e "pop",
diciamo immediato, dell'intero Tied to a Star, eppure non il più significativo.
Da altre parti sono infatti da scovare le perle e le intuizioni, tanto a livello
compositivo quanto di sensibilità strumentale: ad esempio nella scura, sinistra
Heal the Star, con un convulso finale ritmico
e una nervosa impennata della chitarra acustica, tensione che si ripete in parte,
seppure su altre dinamiche, anche nell'imbambolata Stumble e finisce per
abbracciare uno stravagante strumentale folk blues intitolato Drifter.
Il resto sono piccole e accorate dichiarazioni avvolte in una docile carezza
acustica, tra il duetto con Cat Power (evanescente, sullo sfondo) di Wide
Awake e l'intenso dialogo tra piano e chitarra di And
Then (poi ripetuto nel finale con Better Plane). Prodotto dallo
stesso Mascis con l'inseparabile John Agnello, Tied to a Star annovera ancora
qualche interessante collaborazione - oltre alla citata Cat Power, l'album nasconde
i contributi di Ken Maiuri, Pall Jenkins (Black Heart Procession) e Mark Mulcahy
(Miracle Legion) - ma alla fine si riduce all'essenza del racconto e della voce
imbambolata dello stesso J Mascis. Uno che rifarà in fondo sempre il verso a se
stesso, ma riesce spesso a districarsi fra le nubi di personale malinconia con
una freschezza rinnovata: pronto ad esplodere fra le scintille di Trailing
Off e a ricamare sussurri in Come Down. Monumento e certezza
incrollabile dell'universo indipendente americano.