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folk soul di
Domenico Grio (01/08/2018)
Real
Midnight, precedente prova discografica dei Birds of Chicago,
aveva suscitato grande curiosità, se non altro perché frutto della collaborazione
con Joe Henry, impegnato in veste di produttore. Il risultato era stato eccellente,
un album in cui la matrice folk trovava eleganti sbocchi melodici, raffinando
la parte grezza della materia con ingredienti soul e manifestando una misurata
attrazione verso i più efficaci congegni del pop d'autore. Con Love in Wartime,
JT Nero e Allison Russell confermano di aver intrapreso un percorso molto ambizioso,
nella consapevolezza che reiterare la loro fortunata formula sulla stessa base
prospettica, avrebbe garantito la coerenza e la continuità del progetto ma al
prezzo di incappare in un probabile stallo dell'evoluzione stilistica.
In
quest'ottica, la scelta di Luther Dickinson nel ruolo di coproduttore (assieme
a JT Nero) è sembrata da subito la migliore possibile per scardinare i vecchi
congegni improntati sulla ricerca di suoni razionali e "puliti", pienamente in
linea con uno standard pop comunque molto incisivo e sufficientemente caratterizzante.
Una collaborazione questa che doveva prevedere, rispetto alla precedente esperienza
in studio, un differente approccio e l'applicazione di nuove metodologie di lavoro
e che inevitabilmente, proprio per la straordinaria valenza artistica dei personaggi
coinvolti, non poteva non creare speciali aspettative. Questo nuovo capitolo del
BOC però non presenta una struttura rivoluzionaria, Luther non stravolge nulla,
pur riuscendo a far emergere con più incisività l'animo rootsy del duo. Vengono
nuovamente fuori delle canzoni di indie-folk dal mood romantico e dal preminente
impatto melodico, intrise di soul e, in qualche caso, marchiate da timidi accenti
southern ma certamente meno patinate e con un maggiore spettro di soluzioni cromatiche.
La voce di Allison, per naturale propensione, definisce gli episodi più
pop, mentre JT ha un timbro più ispido, idoneo piuttosto a far emergere le venature
"agresti" della loro musica. Questo contrasto emerge in maniera evidente proprio
nel brano che dà il titolo all'album ma anche nell'inconsueto funky di Never
Go Back, canzoni in cui le due anime convivono in perfetto equilibrio.
Lodestar ha invece una costruzione più articolata
e ci piace citarla perché riesce a produrre atmosfere e colori un pò inusuali
per i BOC, aprendo orizzonti che potrebbero meritare una più approfondita esplorazione
da parte loro in un prossimo futuro, al contrario, ad esempio, di Baton Rouge
che riproduce in pieno il suono standard della band. Nel complesso quindi continuano
a tener fede al loro originario piano di navigazione, mirando, per loro stessa
ammissione, alla duttilità interpretativa di Van Morrison, alla vena melodica
di Sam Cook ed alla capacità di scrittura di John Prine e, conseguentemente, al
di là di qualche discutibile scelta di produzione (il tentativo di "rifrescare"
il suono in qualche brano non pare propriamente riuscito), il risultato è più
o meno in linea con il passato.
Vista in questi termini, Love in Wartime
potrebbe quindi sembrare un'occasione persa e forse, in parte, lo è pure ma è
anche vero che il prodotto rimane di qualità e, soprattutto, che la musica proposta
da questi figli della Windy City mantiene un connotato di originalità che, in
una situazione di generale uniformità espressiva come quella attuale, non è affare
di poco conto.