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roots & soul di
Domenico Grio (09/03/2016)
Secondo
album in studio (segue, a circa 3 anni di distanza, l'omonimo disco d'esordio),
buon lavoro di marketing e produzione affidata niente meno che a Joe Henry,
così i Birds of Chicago con questo Real Midnight sembra abbiano
deciso di mettere definitivamente le ali alla loro speciale creatura. Giochi di
parole a parte, questo progetto, nato con lo scopo dichiarato di dare voce ai
testi ed impreziosire le composizioni di JT Nero, concedendo piena fiducia alle
ottime capacità interpretative della singer canadese Allison Russell (dalle Po'
Girl), dovrebbe rappresentare quello step decisivo in grado di consentire ad entrambi
di raggiungere l'agognata maturità artistica e dare una precisa fisionomia al
loro personale intreccio di soul, folk, roots e indie pop.
Da questo punto
di vista, era davvero difficile trovare qualcuno in grado di maneggiare la materia
meglio di Joe Henry, il quale, al di là della luminosa carriera solista, è sempre
riuscito a conferire la sua eccezionale impronta in tutte le occasioni in cui
è stato chiamato in causa, rispettando sempre le caratteristiche e l'originalità
stilistica di ogni singolo artista con cui ha collaborato. Da Hugh Laurie al Billy
Bragg dell'ultimo notevole "Tooth & Nail", da Bettye Lavette ai Carolina Chocolate
Drops del magico "Genuine Negro Jig", da Rodney Crowell a Mary Gauthier, da Elvis
Costello a Bruce Cockburn, impossibile fare l'elenco completo delle produzioni
a sua firma. Volendo però trovare un preciso punto di contatto tra i Birds of
Chicago ed una delle band già affidatasi alla sua sapiente regia, non possono
non sovvenire gli Over the Rhine. Meno concettuali forse e decisamente più solari
i Birds of Chicago ma quanto a sviluppi melodici, orientamenti stilistici, pathos,
lucidità espositiva, ricchezza e pulizia dei suoni, i riferimenti con il duo dell'Ohio
si sprecano.
Su tutto prevale uno spirito rurale mischiato ad un'attitudine
soul ed alla capacità di rendere facilmente fruibili le canzoni. L'ingrediente
magico infatti è il pop, efficace, raffinato, elegante e sobrio.
Dim Star of the Palisades può ricordare nell'incedere una delle ballad
di Springsteen con un misurato mood gospel, in Kinderspel, nel brano folk
a cappella Barley (uno dei momenti più riusciti)
e nell'intimistica Sparrow si fanno più tangibili le similitudini tra Allison
Russell e Karin Bergquist (vocalist degli Over the Rhine), niente male neppure
la delicata title track, la divertente Estrella Goodbye e l'acustica Pelicans,
episodi in cui dimostra di saper cantare anche JT Nero. Inutile poi argomentare
oltre sul decisivo apporto di Joe Henry, c'è solo da scommettere che senza il
suo intervento avremmo tra le mani un lavoro fatto di buoni spunti, canzoni sicuramente
assemblate con gusto e validi refrain ma non un disco di livello come questo.
L'unico neo, a volere cercare il famigerato "pelo nell'uovo", è l'eccessivo uso
del vibrato in alcuni frangenti, peraltro frutto certamente di una scelta stilistica,
in assenza di particolari vizi di tenuta della voce di Allison, ma vale la pena
precisare che trattasi ovviamente di una semplice sensazione d'ascolto e che il
risultato d'insieme finisce per risentirne in maniera del tutto marginale.
Nel
lungo volo che dovrà portarli verso lidi soleggiati, i Birds of Chicago sono di
sicuro sulla giusta rotta.