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american folklore di
Fabio Cerbone (05/04/2017)
Cercatore
d'oro del folklore americano, giovane e anomala presenza nel panorama roots di
queste stagioni, Jake Xerxes Fussell afferma il suo ruolo di errante chitarrista
alla scoperta di tesori nascosti della tradizione. Facile accostare la sua opera
al Ry Cooder degli esordi, anche per l'aproccio divulgativo e non strettamente
rigoroso, e mai paragone fu al tempo stesso più azzeccato e insostenibile, nonostante
tutte le possibili somiglianze stilistiche (sono presenti nei tratti di piedmont
blues e di folk appalachiano allo strumento). C'è tuttavia una storia personale
che testimonia la qualità del musicista e il suo sincero amore per la materia:
figlio di Fred C. Fussell, a sua volta fotografo, ricercatore e musicologo sul
campo, un po' sul modello di Alan Lomax, Jake è cresciuto tra le voci della memoria
americana, imparando vecchie canzoni folk insieme agli amici del padre, gli altrettanto
celebrati George Mitchell e Art Rosenbaum.
Con una compagnia simile è
logico che Jake Xerxes Fussell finisse per elaborare la sua figura di studente
e archeologo della musica delle radici (qui di ogni brano è riportata la fonte
originale e le diverse interpretazioni), ma con una sensibilità e un gusto che
non sono quelli di un maniaco del passato, un cultore di fumosi 78 giri persi
nel tempo. What in the Natural World, seguito dell'omonimo e rivelatore
album
di debutto, è ancora una volta una raccolta di frammenti d'America
che si tengono insieme grazie a una visione musicale chiara e ricca di bizzarrie
e curiosità. Questa volta non è soltanto la tradizione in sé ad infondere la musica
di Fussell: accade nella scelta di un repertorio più "contemporaneo", che passa
dall'iniziale Jump For Joy di Duke Ellington
alle sconosciute composizoni di Helen Cockram (Pinnacle Mountain Silver Mine,
un brano del 1979) e Jimmy Driftwood (St. Brendan's Isle,
datata 1960). Jake si dimostra interessato alle connesioni fra passato e presente,
cercando di scovare l'anima di una nazione nelle sue più disparate forme di espressione
folk. Ecco perché qui si passa da un classico come Bells
of Rhymney (resa popolare da Pete Seger e dai Byrds) alla più scura
delle murder ballad per bambini di Lowe Bonnie (finale dell'album cantato
in coppia con la voce femminile di Joan Shelley).
In questa profonda e
misteriosa operazione, Fussell unisce i brani nel segno del titolo stesso: What
in the Natural World, senza punto interrogativo, può essere un'asserzione ma anche
una domanda nascosta e il tema del rapporto tra l'uomo, i segreti e la forza della
natura mette in comunicazione questo materiale, esaltato dal suono placido, cristallino
della chitarra dello stesso Jake Xerxes Fussell. Sceglie un profilo candido, un
mood rilassato che dalle trame country blues di Have You Ever Seen Peaches
Grwing on a Sweet Potato Vine (il nonsense e l'ironia di certo folklore sudista
in evidenza) approda ai panorami western sconfinati di Canyoneers
e St. Brendan's Isle. A fare da supporto una band altrettanto parsimoniosa:
la steel guitar di Nathan Golub (Mountain Goats) e il quasi omonimo Nathan
Bowles, che fra piano, banjo e melodica crea una coperta leggera e accogliente
per il lavoro chitarristico di Fussell, mentre le parti ritmiche (Casey Toll al
basso e il citato Bowles alla batteria) sono spesso accennate.
Simboleggiato
dal dipinto di copertina di Roger Brown (olio su tela del 1976), rappresentante
della cosiddetta scuola dei 'Chicago Imagists' e artista influenzato dai contrasti
fra cultura urbana e bucolica, tra ambiente umano e natura, What in the Natural
World ne è l'esatta trasposizione in musica.