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another band from East Canada di
Yuri Susanna (18/10/2012)
Canadesi,
con un orecchio orientato verso il roots-rock (o Americana, o alt.country, scegliete
voi l'etichetta) e l'altro verso il college rock degli '80/'90, nei loro brani
coabitano pedal steel e chorus orecchiabili, influenze tradizionali e pulsioni
pop. Avete risposto subito "Blue Rodeo"? Allora aspettate ad "accenderla", perché
non è di loro che parliamo. Gli Sleepy Driver si portano cucito addosso
come uno stigma il paragone con gli incliti compatrioti di Toronto (loro invece
sono di Fredericton, a qualche miglia dal confine USA con il Maine) già dall'interessante
esordio del 2009, Steady
Now. Si sono presi tre anni per affinare la loro intesa e limare il
songwriting - che anche a questo giro sta tutto sulle spalle del cantante Peter
Hicks - prima di presentarsi con il proverbialmente arduo "sophomore album".
L'attesa sembra ripagata, dal momento che i segnali di una ricerca di un'espressività
più matura sono presenti sia nel sound, che procede sicuro e ben oliato, tra sbalzi
di rock dalla presa facile e midtempo più meditabondi e articolati, sia nelle
liriche, nelle quali Hicks si conferma attento "pescatore di parole", abile nel
far girare un testo intorno a poche immagini efficaci, riuscendo nel contempo
a mettere in luce anche un lato inatteso di narratore di estrazione folk - ascoltate
la storia di delitto, giustizia e vendetta narrata in He
Said Her Name, quasi una variante dark di certe memorabili vignette
del Nebraska springsteeniano.
Certo che, quando lasci inghiottire il cd
dal lettore e senti quelle stilettate d'organo che trapassano i 4 minuti dell'iniziale
The Night, non puoi fare a meno di pensare,
ancora una volta, ai Blue Rodeo. Ma è una sensazione che svanisce presto, perché
la gamma delle influenze è più varia e meglio amalgamata di quanto si possa credere:
si va dai singulti Wilco di Mile Marker, alla
frenesia Hold Steady di Losing My Fear, dai
rimandi roots-pop in salsa Counting Crows di Baby Don't
e Down Down Down fino alle più (i R.E.M. periodo IRS che fanno cucù nella
circolarità di Tractor Tailor) o meno (i Triffids
in controluce in Silverback Dog) prevedibili
suggestioni alternative rock databili a qualche lustro fa.
La chitarra
di Ethan Young-Lai trama nell'ombra, gioca con i chiaroscuri, ricordando (in piccolo)
il lavoro di Chuck Prophet con i Green on Red, ma mostra una buona autorevolezza
anche quando sale sugli scudi, come nell'assolo in coda a The
Doubt, mentre le armonie vocali del batterista Barry Hughes concorrono
a dare maggiore respiro ai brani. Sono comunque soprattutto la scioltezza melodica
e la voce di Hicks a costituire il fulcro intorno al quale si edifica la personalità
degli Sleepy Driver. In a Low Dark Light è un b-record, senza dubbio.
Ma ci piace pensare che siano proprio dischi minori come questo a viaggiare in
corsia preferenziale, qua sulle roots highways.