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Guy Clark's follower di
Davide Albini (21/06/2012)
Matt
Harlan si prende una lunga pausa dal Texas registrando il seguito dell'interessante
Tips
& Compliments sull'isola di Møn, qualche miglio al largo di Copenaghen,
Danimarca. Un bel salto geografico, ma lasciatemi dire certamente non di stile:
infatti, nelle session di un solo giorno che hanno dato vita al qui presente
Bow and Be Simple, Harlan si accompagna ad un piccolo combo locale, The
Sentimentals, che danno l'impressione di avere compreso perfettamente il retaggio
musicale del songwriter di Houston. D'altronde Mc Hansen, Nikolaj Wolf, Jacob
Chano vantano già esperienze con Dana Cooper, Sarah McDougal e altri nomi minori
del circuito folk americano, dimostrando di poter maneggiare la materia con un
suono elettro-acustico molto spartano e dalle sfumature vintage.
L'intero
Bow and Be Simple è costruito su questo gioco di luci tenui, un sound asciutto
e scheletrico che esalta le liriche e la voce dello storyteller: nel caso di Harlan
si tratta, come avevamo già fatto notare al suo esordio, delle più pura tradizione
dei troubadour texani, con maestri quali Guy Clark e Robert Earl Keen in mente
e una certa cristallina propensione alla melodia che ricorda, anche per le inflessioni
vocali dello stesso Matt, il buon Greg Trooper. Le credenziali non gli mancano
di certo: dopo il plauso generale ricevuto con il precedente lavoro, Harlan ha
raccolto consensi e premi al festival di Tellirude ed è entrato nel cast del documentario
"For the Sake of the Song" insieme a Lyle Lovett e al citato Guy Clark. Bow and
Be Simple dunque non doveva far altro che confermare le qualità mostrate in precedenza:
eppure, se le canzoni continuano ad essere piccoli, emozionanti racconti di un'America
nell'ombra (bellissimo il testo "steinbeckiano" di The
Easy Road, così come lo scorcio di una monotona giornata da impiegato
in Elevetor Ride), spostandosi quindi su tematiche
interiori e personali (la ricerca di religosità nella title track, storie di abusi
familiari in The Ring, una certa semplicità
di sentimenti in Baby Blue e Simple
Song), dal lato strettamente musicale l'album soffre un po' il suo
intransigente minimalismo.
Anche in passato Harlan aveva sempre puntato
su queste tonalità country folk d'autore, ma la cura degli arrangiamenti lo aveva
messo al riparo da qualche calcolato rischio di monotonia. Oggi The Sentimentals,
pur suonando, come detto, rispettosi della formula Americana, scelgono strutture
essenziali, lì dove a volte sarebbe richiesta una maggiore apertura musicale:
in Too Much Going On la seconda voce di Rachel
Jones dischiude la melodia del brano, ma si tratta di un caso isolato, mentre
la sola Darker Shade of Grey approccia un
andamento più sciolto, sulla falsariga di un country ruspante alla Johnny Cash.
Ciò non toglie che questa scelta stilistica riesca ad esaltare l'aspetto autorale
della musica di Matt Harlan: per chi apprezza la categoria, Bow and Be Simple
resta senza dubbio un oggetto prezioso, anche se la prossima volta gradiremmo
un po' più di imprudenza.