Matt
Harlan
Tips & Compliments
[Berkalin
records 2010]
È la poesia delle piccole cose, la semplicità dei gesti di vite nascoste,
raccontate con uno squisito piglio narrativo, che infonde il songwriting di questo
musicista di Houston all'esordio discografico. Matt Harlan è uno dei regali
più belli che certo country rock d'autore potesse fare di questi tempi: possiede
la liricità, il gesto profondo, l'intensità descrittiva che soltanto gli storyteller
di razza hanno avuto in passato e pare inseguire la stessa lezione di Robert Earl
Keen, Chris Knight, Slaid Cleaves, insomma di quella generazione di songwriter
che hanno fatto del racconto in chiave elettro-acustica un modo per tratteggiare
l'altra America. Non è un caso che nella conduzione musicale di Tips and
Complimets - uscito sul finire dello scorso autunno ma solamente in questi
mesi circolato con interesse e regolarità anche nei circuiti Americana - siano
coinvolti Rich Brotherton (produttore e titolare di chitarre e lap steel),
Warren Hood (fiddle), Marty Muse (pedal steel) nonchè altri musicisti di quel
Texas che guarda alla Mecca di Austin e alla migliore tradizione dei cosiddetti
troubadour.
La scuola di Matt Harlan non si smentisce, seppure le qualità
melodiche e aggraziate del suo gesto sonoro non alzino mai la voce e affrontino
i personaggi e le storie (anche personali e autobiografiche) attraverso una voce
spesso trasparente e garbata. Il tono generale di Tips and Compliments è difatti
in maggioranza acustico e strettamente folkie, con qualche sporadica, timida accelerazione
country rock: accade in Elizabethtown, splendido
e amaro resoconto familiare di un fratello sulla cattiva strada, e ancora in Something
New e Over the Bridge, lezioni
di stile che proprio nella musica del citato Robert Earl Keen (ma dovremmo forse
aggiungervi il lirismo del migliore Greg Trooper) paiono specchiarsi. Eppure qui
non si tratta tanto di forma, perché contano davvero più che mai le parole: Matt
Harlan ne ha di nostalgiche e assai profonde da mettere in mostra, seguendo l'onda
delle emozioni e di un flusso di coscienza che evoca ricordi, scorci di rivelazioni
in Skinny Trees of Mississippi, Suitcase
Blues e Driving Song, gettando
uno sguardo sul mondo e le sue ingiustizie in Waiting
for Godot.
Il vestito per queste ballate è naturalmente in
linea con la classe della penna di Harlan: un fiddle ondeggia sulla delicata scorza
country rock della title track, si amalgama poi al fingerpicking e alle trame
asciutte e rootsy di Walter e You're
Just Drunk, finendo per azzerare ogni fronzolo e raggiungere il cuore
dell'autore nell'esecuzione acustica di Dresses.
L'impressione allora è che si tratti di un folksinger nella piena maturità e anche
i numerosi riconoscimenti (dal festival di Kerville alla partecipazione al famoso
Prairie Home Companion) lo lascerebbero pensare. Le sue canzoni possiedono la
stoffa del romanziere e dio solo sa quanto abbiamo ancora bisono di gente di questa
tempra. (Fabio Cerbone)