File Under:garage roots rock di
Fabio Cerbone (08/09/2012)
La
sciatta copertina che annuncia una svendita in piena regola dice già molto della
genesi di queste canzoni e forse anche delle pretese racchiuse nel nuovo lavoro
del rocker texano. Jon Dee Graham, pellaccia dura e vita sconclusionata
da autentico loser, è uno dei nomi di culto della scena cantautorale di Austin,
a cominciare dalla sua presenza nei True Believers con Alejandro Escovedo per
finire alla numerose collaborazioni tra la California e lo stesso Texas. Da quando
ha fatto ritorno nella terra della stella solitaria la sua carriera solista ha
ripreso a veleggiare, dando dimostrazione di una dote rara: conservare il marchio
indelebile dei più ispirati troubadour di quelle lande e allo stesso tempo iniettare
nelle sue polverose ballate il nervoso incedere del migliore rock'n'roll stradaiolo
americano e il blues dei lupi mannari.
Da qui una serie di album tanto
misconosciuti quanto essenziali per descrivere il sound della Austin tradizionalista
di questi anni: Escape from the Monster Island, Hooray for the Moon, The Great
Battle hanno scandito una produzione sempre ad alti livelli, fino al più recente
(e ironicamente crudele) It's
Not Bad As It Looks, che prendeva spunto da un incidente stradale che
lo ha quasi visto finire all'altro mondo. Spiace dunque constatare quanto Garage
Sale tenga fede all'idea di un disco raffazzonato, poco studiato e concepito
in una serie di informali sedute di registrazione. A detta di Graham la magia
dell'album sta tutta qui, nella sua istintività assoluta e nell'aver seguito un
processo meno regolare del solito. È il caso di obiettare e far capire al buon
Jon Dee che non sempre la spontaneità a tutti i costi salva un'opera dal completo
fallimento. Un'ora di studio gratis al mese non è una buona scusa per raccattare
undici episodi che pescano fra sbiadite copie del rock desertico e nervoso che
fu (Unafraid, The
Orphan' Song), folk song inquiete (Yes Yes,
im ogni caso fra le più positive, Just Like That,
la sofferente Codeine/ Codine), ballate pianistiche da ore piccole (Bobby
Dumbar) che saccheggiano la poetica di Tom Waits (e un po' anche lo
stile).
Invece è accaduto esattamente questo, ovvero che Jon Dee Graham
si sia ritrovato con pochi fidati amici (tra gli altri il vecchio collaboratore
John Harvey, Darren Hess, Andrew Duplantis) in ritagli di tempo e ore da buttare,
senza il preciso obiettivo di dare forma ad un vero lavoro. Garage Sale è nato
dal caso e strada facendo dice lui, badando assai poco alle rifiniture: si sente
eccome, a cominciare da una produzione grezza e da spunti che rimangono proprio
quello che sono, ovvero sia bozze incompiute, canzoni tenute insieme con lo spago,
giocando con i due minuti e mezzo di blues hawaiano dello strumentale #19,
abborracciando un improbabile desert rock suonato sul fondo del mare in Collpase
e finendo con l'inutile pasticcio latin-funky di Radio Uxtmal (Venceremos).
Si salva poco o niente: la prossima volta, se vi fosse proprio l'esigenza di un
disco, suggeriamo il classico live di passaggio, che non guasta mai e fa più bella
figura.