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warm americana di
Marco Restelli (12/11/2016)
Piccolo
il mondo. Sembrerà strano, ma nell'ambito del variegato songwriting americano,
molti artisti che vivono anche a distanze enormi fra loro, sparse per lo sconfinato
territorio statunitense, spesso si conoscono personalmente e, non di rado, collaborano
in vario modo. E così - mentre mi accingevo a scrivere questa recensione - dopo
aver già intervistato di recente Carter
Sampson dell'Oklahoma e raccontato le ultime prove di due donzelle
del Minnesota (Vicky Emerson e Sarah Morris, ora ufficialmente un duo live, chiamato
Home Fires), ho scoperto quasi per caso che Anna Elisabeth Laube, di casa
a Seattle, è una loro amica comune.
Il suo quarto disco, intitolato semplicemente
Tree, si è fatto notare subito collocandosi al primo posto dell'Euro
Americana Chart, grazie ad alcuni elementi che risultano evidenti già al primo
ascolto: la semplicità degli arrangiamenti, le dolci melodie, ma soprattutto un'atmosfera
pacata e intensa. La calda e suadente voce della Laube facilita senza dubbio la
riuscita di questo mix, ma a rendere interessante il tutto sono anche i testi
delle canzoni (ben sette su nove in totale scritte solo da lei) che parlano d'amore,
ma anche della bellezza della natura, sempre in pericolo. Proprio riguardo a quest'ultimo
tema, la title track rappresenta una sorta di carezza in onore di un maestoso
acero argentato centenario, piazzato su una collina nell'Iowa. La giovane cantautrice
americana racconta nel testo che, quando era piccola, rappresentava per lei come
un amico che dall'alto l'ha progressivamente vista crescere. Lo considerava parte
della sua vita, finché un giorno, divenuta ormai adulta, lo hanno tagliato e così,
ora, non le rimane che immaginare che il legno di quel tronco non sia andato perso,
diventando la sua stessa casa, la sua matita o perfino i fogli sui quali ora scrive
le proprie canzoni.
Il mid-tempo di Sunny Days
ha un andamento quasi swing e la parola che più mi viene in mente ascoltandolo
è serenità, mentre l'approccio di Please Let It Rain In California Tonight
è più malinconico. Si tratta di una vera e propria preghiera - voce e piano -
con alcuni versi molto efficaci e, a mio avviso, nient'affatto banali come ad
esempio: "Please let the cigarettes all burn down, and let the smoke blow far
away from this town, please help the addicted people to be free and vanquish from
our hearts from hatred, jealousy and greed". Il disco si chiude con la morbida
ballata acustica Al My Runnin', dedicata a
un uomo che il destino sembra averle messo davanti in un piccolo bar di città
e con il quale, prima o poi, spera di potersi giurare amore eterno. Romantica.
Da segnalare, per onore di cronaca, anche le due cover: Wallaflower
(risalente al 1971) del neo premio nobel Dylan e una originale versione stripped
della ballata XO, di Beyoncè, già ripresa
anche da John Mayer, nella quale alla chitarra acustica si aggiunge sullo sfondo
il suono di una tromba d'incantevole bellezza. Entrambe ben riuscite. Tutto sommato
questo Tree è un disco autunnale, concepito più per chi abbia voglia di ascoltare
con un minimo d'attenzione una manciata di canzoni sussurrate, senza limitarsi
ad avere solo un po' di musica da sottofondo. Personalmente lo trovo incantevole.