American Aquarium
Wolves
[
Blue Rose 2015]

www.americanaquarium.com

File Under: roots rock, alt-country

di Fabio Cerbone (17/04/2015)

Divisi da sempre fra l'estensione del songwriting di BJ Barham, voce solista e centro nevralgico delle loro canzoni, e un'idea più compatta di rock'n'roll band, gli American Aquarium hanno seguito le regole più ferree della marginalità, ricavandosi una spazio in quella terra vasta del cosiddetto rock delle radici. Wolves segue di tre anni l'exploit di Burn.Flicker.Die., primo album a ricevere una pubblicazione europea, in casa Blue Rose, e raddoppia le credenziali del gruppo, toccando con ogni probabilità il vertice della loro produzione. È il sound a essersi fatto maturo, passando dalla collaborazione con Jason Isbell alla regia di Brad Cook (Megafaun, Bon Iver), e accentuando le tonalità bluastre ed elettriche di queste ballate.

Originari di Raleigh, North Carolina, non un luogo qualsiasi nella geografia muiscale dell'alternative country (ricorda qualcosa il nome Whiskeytown?), gli American Aquarium - nome fra i più suggestivi affiabbiati di recente - seguono un percorso che parte dalle strade perdute del folk americano, racconta la vita dal basso e dai suoi fallimenti, ma si caricano il fardello di trent'anni abbondanti di rock'n'roll operaio. A metà strada fra la vecchia scuola country rock e certe sfumature blue collar, un po' Ryan Adams e un po' Springsteen, la canzoni di BJ Barham ricordano il collega Matthew Ryan con un accento sudista più spiccato. Risultato di venti giorni di sessioni presso gli Echo Mountain Studios di Asheville, Wolves è il disco della vita, del tutto o niente: Barham vi ha riversato le sue sconfitte, uno che è finito letteralmente a vivere in strada e ne è uscito con brani che si dividono tra narrazioni dalla provincia ed esperienze personali, sullo sfondo l'immagine di una sbronza colossale la sera e del risveglio tragico al mattino.

Più calibrato negli arrangiamenti, senza perdere il grado di asprezza che caratterizza la loro musica, Wolves parte dalle confessioni di Family problems, ballata rock infusa di southern soul, una sezione fiati che sottolinea il crescendo e una chitarra slide nel finale che trascinano verso i Muscle Shoals in Alabama, ideale congiunzione con il disco precedente, esattamente in quel luogo concepito. Più dirette e sferzanti Southern Sadness (un titolo, un manifesto) e Wichita Falls, che abitano i territori dei consanguinei Drive-By Truckers, mentre Old North State vibra rock da strada maestra senza vergogna e Man I'm Supposed to Be si colora della malinconia del fantasma di Tom Joad. Solo certezze e sentieri battuti in Wolves, si dirà a questo punto, ma lavorando dentro il genere, il disco mostra solidità e un precisa direzione, che è anche sinonimo di assoluto controllo dei propri mezzi: Losing Side of Twenty-Five è una commovente lettera alla gioventù perduta, tema della crescita che attraversa sotto traccia l'intero album (e si ripete nella stessa Wolves, piccolo gioiello che elettrifica la lezione di The Band), Ramblin' Ways scalcia con i toni del nuovo rock sudista e Who Needs a Song smaschera le illusioni di una piccola band (we'll never gonna be The Rolling Stones canta BJ Barham).

Doveva essere il disco della sconfitta, a detta degli stessi American Aquarium, dopo un periodo buio a livello personale, si è rivelato una autentica rinascita.


    


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