Lungo un percorso che ha alternato fuochi elettrici
e soste acustiche, fulminei scatti rock’n’roll e nostalgiche ballate
folk, l’anima musicale di Luca Milani non ha mai davvero cambiato
la sua essenza. Ed è un bene, perché oggi senz’altro più maturo, nel
songwriting e nell’interpretazione, continua a essere rapito da canzoni
che parlano del tempo che passa, delle responsabilità della crescita,
dei desideri e dei rimpianti accumulati negli anni, mantenendo intatto
quel naturale trasporto per melodie e accordi che risuonano di un romanticismo
da heartland rock.
Warriors Grow Up and Die, a partire dal titolo stesso, così
sincero e “spietato”, rappresenta un po’ la sintesi di questo viaggio,
cominciato molto tempo fa con il post grunge dei File, trio che lo aveva
rivelato sul panorama del rock italiano, e proseguito poi con un’interessante
e coraggiosa carriera solista da outsider, dove personalmente le tappe
di Sin Train
e Fireworks
for Lonely Hearts continuano ad essere tra le cose migliori
uscite dalla sua penna. Messe da parte le geometrie variabili delle
rock’n’roll band con cui si è spesso accompagnato, dai Glorious Homeless
ai più recenti Helmm, Luca Milani ha cambiato team di produzione e collaboratori,
avviando un lavoro lungo un anno con la Fragile Dischi, che lo ha messo
a confronto con i suoni più rarefatti delle tastiere e del piano di
Fidel Fogaroli, coinvolgendo anche il basso di Evasio Muraro e soprattutto
la produzione di Daniele Denti, entrambi ex Settore Out e portatori
di una sensibilità in grado di spostare il cuore di Warriors Grow
Up and Die su battiti più lenti.
Un album dalla natura fondamentalmente acustica, intima, anche quando
nella stanza entrano le ombre del rock e dei passaggi più elettrici
(la stessa title track, una bluastra Empty
Wound dai riflessi quasi new
wave, l’epica di Inside My Bones, strattonata fra organo Hammond
e chitarra), che restano però distanti (da sentire il lavoro sulla batteria
di Giacomo Comincini), avvolgendo il canto di Milani. La voce è proprio
una delle protagoniste, più densa e coinvolta, con tonalità che inseguono
a volte solchi più profondi, rendendo giustizia al carattere
crepuscolare di ballate quali Dirty Hearts,
This Knight e Sorry Mom, episodi che potrebbero in fondo
accompagnarsi al recente Ryan Adams di Wednesdays; quella stessa
voce che si rende spoglia, come la tradizione dei folksinger richiede,
in Boys Still Burn e Voices e diventa persino “nascosta”
nella ricercata bassa fedeltà d’esecuzione della conclusiva
Fixed Heart, con la seconda chitarra di Daniele Denti.
Il nucleo dell’intero Warriors Grow Up and Die, un disco persino
non immediato nel suo raccoglimento sonoro e certamente molto personale
nelle tematiche, sembra però racchiuso nella traccia centrale, Dear
Scott: la lettera musicale di Luca Milani è spedita a Scott
Weinland, lo scomparso leader degli Stone Temple Pilots, ma potrebbe
essere rivolta a tutti i “guerrieri” del rock’n’roll là fuori, con un
arrangiamento carico della necessaria drammaticità e una melodia che
non passa di certo inosservata.