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Tiziano
Mazzoni
Goccia
a goccia
[Eccher music 2011]
Che la musica d'autore in Italia sia sempre meno musica e ancor meno d'autore
è ormai tristemente risaputo. Purtroppo, e questo è innegabile, da vent'anni a
questa parte gli artisti di casa nostra hanno completamente abbandonato una dimensione
che sfiorava tematiche universali sconfinando nel privato, nelle pieghe (e piaghe)
sociali che caratterizzavano il nostro paese. Quella prospettiva è scomparsa dall'orizzonte,
ma non si è rinnovata a dovere, tanto che, con una certa tristezza, dobbiamo tornare
indietro per leggere meglio il presente, a significare che il tempo non scalfisce
(o almeno, non del tutto) quel che di buono i nostri cantautori ci hanno regalato
fino alla fine degli anni ottanta; oppure dobbiamo cercare tra le produzioni che
non si fanno sentire, che restano confinate nell'ambito del culto degli appassionati,
quelli che la musica d'autore se la vanno a cercare, senza arrendersi all'evidenza
e alla tristezza di ciò che propinano media e affini. Una divagazione, questa,
che saprà di risentito, di banale, di noioso. Ma è quella che, con una certa insistenza,
si è impadronita della mia penna quando ho iniziato a buttar giù queste righe.
In tutta onestà, questo disco l'ho ascoltato parecchie volte, molte di più rispetto
alle recensioni che normalmente scrivo.
Il motivo è molto semplice: mi
sono semplicemente chiesto se ciò che fuoriusciva dai diffusori fosse un disco
del 2011, oppure se il buon Fabio non mi avesse rifilato per sbaglio una ristampa
di qualche cantautore degli anni settanta del quale, mio malgrado, non conoscevo
il nome. Ma poi ho ascoltato il suono e mi sono detto no, non può essere, una
produzione così nei settanta, a parte qualche rara eccezione, se la sognavano.
Mi sono detto no, questo è un disco che parla del presente, coniugandolo però
al passato, in quella dimensione universale alla quale ho accennato. Questo, soprattutto,
è un grande disco, e Tiziano Mazzoni è una realtà dei nostri giorni, la
dimostrazione evidente che la musica d'autore, o almeno, quella che noi intendiamo
come tale, non è finita, non è morta, ma è ancora in grado di emozionare. Giunto
al suo secondo disco, l'artista pistoiese si fa produrre da uno che il mestiere
lo conosce bene, Massimo Bubola, incidendo per la sua etichetta. Ecco,
se dobbiamo fare un paragone, questo disco, a livello di varietà di suoni e suggestioni,
rimanda a quello che secondo il sottoscritto è il capolavoro del cantautore veronese,
Doppio lungo addio, un gioiello degli anni novanta che chi non lo indossa
deve farlo subito. C'è la lezione americana filtrata dai nostri De André (quando
si parla di Bubola…) e De Gregori, c'è il cielo d'Irlanda, una poesia nei versi
che non è mai al servizio dell'astrazione dei sentimenti, ma della loro quotidiana
espressione, nel caso in questione tradotta nelle varie sfaccettature di una storia
d'amore poco ideale e molto reale. C'è, poi, una voce profonda, ben calibrata,
supportata da una strumentazione eccellente, con un hammond che fa magie (Pippo
Guarnera), il violino di Anchise Bolchi, l'organetto di Riccardo Tesi,
l'elettrica di Nick Becattini e il mandolino di Edoardo Palermo.
L'album
si apre con un omaggio al conterraneo Maurizio Ferretti, bravissimo musicista
scomparso prematuramente, cui Tiziano deve molto. Ad
occhi aperti, questo il titolo, è un robusto R&B in chiave acustica
che sprigiona momenti di grande poesia in quella sua triste denuncia dei tempi
moderni che si stanno raggomitolando in una totale assenza di valori nascosta
dal vuoto dell'informazione, che chiaramente risponde a precisi disegni del potere.
Si viaggia poi a mille con l'"irlandese" Storie segrete
e la splendida Cambio, un rock blues tinteggiato
di cajun che dà voce alle fisiologiche necessità di cambiamento nell'esatta direzione
dei nostri desideri, con la title track dal sapore coheniano (in quella sua perfetta
sintesi letteraria e musicale) e Dall'altra parte dell'Atlantico,
che richiama la degregoriana Viaggi e miraggi e si scioglie in un refrain assassino.
Lentamente è una densa ballata in stile irish,
Mi ricorderò di te sprizza alte dosi di energia
grazie al violino e al dobro che ne costituiscono l'ossatura cajun, Come
un soffio di vento è soffice e rarefatta, mentre Solo
come un cane è un frizzante e delizioso bluegrass che conta sulla doppia
voce di Luigi Grechi. Chiudono Quando il cielo
lava il viso alla città, un'altra denuncia del degrado sociale in cui
viviamo che poggia su una simbologia azzeccata e originale, la dark ballad La
casa della strega e Vien'mi incontro nel buio,
la riconciliazione dopo la separazione, il momento dell'abbraccio, che se non
ricompone almeno ricama la speranza di un nuovo domani. Un disco che riconcilia,
che fa pensare, che si lascia scoprire ascolto dopo ascolto, in quella sua intensità
quasi irreale. (David Nieri) www.tizianomazzoni.it
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