[Home] | ||
Prologo: Chiedo a mio figlio il suo libro di musica, classe prima media. Lo sfoglio. Rispetto ai nostri tempi (i primi anni 80) i passi da gigante a livello di apertura culturale sono evidenti. Se fosse stato per i nostri libri di scuola, la mia generazione avrebbe immaginato il nulla dopo Giuseppe Verdi. Invece qui si spiega cos'è il blues, il folk, l'hard rock, ci trovi gli spartiti dei Beatles accanto a quelli di Beethoven e Madonna. Allora provo a cercarlo, ma nulla, si parla di Dylan, ma di lui niente. Finché, in un breve riassunto sulle correnti degli anni sessanta, leggo che "gli interpreti più importanti del folk-rock sono Bob Dylan, Joan Baez e Woody Guthrie". Tutto sbagliato e opinabile ovviamente, ma almeno c'è, e almeno anche i nostri ragazzini cominciano a leggerne il nome. Sviluppo: Quest'anno sono cento anni dalla nascita di Woody Guthrie, ma casualmente anche cinquanta esatti da Song To Woody, esordio self-penned di Bob Dylan del 1962. Bisognava aspettare Dylan perché l'America (quella pensante ovviamente…) si accorgesse di quanto quest'uomo abbia lasciato in termini di influenza artistica e capacità di lucida lettura della realtà. E mancavamo forse giusto noi italiani a registrare un tribute-album in suo onore (il primo, forse il migliore, resta A Vision Shared del 1988, condiviso con Leadbelly), noi, popolo di santi, poeti e navigatori che di questo tipo di folk si è cibato solo indirettamente, magari tramite i vari Guccini, De Gregori o Bennato (che nel 1975 eseguiva spesso Deportee nei sui già seguitissimi concerti), ma che con il verbo del folk americano abbiamo sempre avuto qualche problema a familiarizzare, vista l'estrazione british-prog della maggior parte dei nostri musicisti (e critici aggiungerei) degli anni settanta. Better World Coming non ha la pretesa di coprire un buco che in fondo potrebbe anche restare scoperto, è, per stessa ammissione di Edward Abbiati e dei suoi Lowlands che lo hanno realizzato, un progetto nato per caso tra cucine, scantinati e studi di registrazione veri e propri, con l'idea di riunire amici sotto l'ala di alcune canzoni che fanno parte del loro DNA. E qui sta l'importanza dell'album, quello di avere dimostrato come anche una scena musicale piccola ma viva come quella di Pavia ("ma ci siamo allargati anche fino a Vigevano e Magenta" assicurano loro…) abbia davvero incamerato una lezione che non fa parte della cultura italica soltanto perché nella visione nostrana di "ciò che è cultura" facciamo ancora molta fatica ad uscire dai nostri confini. Tra gli "amici" non c'è nessun nome famoso che possa attirare folle al di fuori delle note nicchie di amanti del folk, solo musicisti ben noti su queste pagine (perdonate se non riscriviamo il lungo elenco) che presenziano con puntualità e devozione alla causa. Quanto basta per riascoltare in buona versione brani noti come I Ain't Got No Home o This Train Is Bound For Glory (la ovvia This Land Is Your Land viene usata solo come apertura e chiusura strumentale), ma anche tanti titoli che non sono stati rivisitati poi spesso come Two Good Men, Stepstone 9 o Heaven My Home. Abbiati si concede un giro in solitaria nella title-track, ma il clima da riunione tra vecchi compari è evidente, dando al disco un ruspante senso di provvisorietà. Il vero nuovo album dei Lowlands uscirà infatti a settembre, questo è forse "solo" un estemporaneo assaggio fatto con qualità e passione. E come tale va goduto fino in fondo. Epilogo: Ho dato a mio figlio la mia copia di Better World Coming, gli ho spiegato chi è l'uomo in copertina che ammazza i fascisti con la chitarra, e chi sono i tizi che suonano. Lui ha preso e ascoltato. Probabilmente l'accantonerà per qualcosa di più adatto alla sua età, ma se un giorno se ne ricordasse, allora il perché di questo disco sarà ancora più evidente.
|